Storie della tua vita, di Ted Chiang

TITOLO: Storie della tua vita
Autore: Ted Chiang
Editore: Ne/oN
PP. 368 Euro 18,00

di Fabrizia Gagliardi

Accade qualcosa nella nostra vita e stupisce la velocità spietata con cui il mondo è pronto ad accartocciarsi sul vecchio e a stiracchiarsi sul nuovo.
Tutte le possibilità future diventano presente e, nel marasma di miopia soggettiva, il bias di normalità lavora per trovare coerenza e convalidare credenze preesistenti. Andrebbe peggio per la nostra salute mentale – o per la nostra fede – se l’ancoraggio a noi accettasse una causalità predeterminata o se la nostra conoscenza si fosse spinta oltre i confini del sondabile.
Solo per estraniarsi e immergersi in sensazioni del genere è utile leggere Storie della tua vita e altri racconti di Ted Chiang, che mancava dagli scaffali dal 2008 (pubblicato da Stampa Alternativa) e ora recuperato da Ne/oN, imprint di edizioni e/o, con la nuova traduzione di Marinella Magrì.

Nel panorama contemporaneo della letteratura fantascientifica, Ted Chiang occupa un posto singolare e difficilmente replicabile. Con una produzione scarna ma densissima – ha pubblicato due raccolte di racconti, diciassette storie in tutto – ha saputo ridefinire i confini del genere, esplorando i grandi dilemmi dell'umanità con la lente della filosofia morale e della tecnologia. Lui stesso ha ammesso di preferire un componimento che segue il suo ritmo – scrive solo nel momento in cui si presentano storie interessanti – quindi non pubblica con frequenza e non indulge nella spettacolarità di molta fantascienza mainstream. Eppure, la sua opera ha avuto un impatto profondo, pervasivo e riconoscibilissimo, tanto da ispirare il film Arrival, tratto dal racconto Storia della tua vita, considerato uno dei capolavori della speculative fiction del XXI secolo.
La narrativa di Chiang si muove su un crinale sottilissimo tra rigore logico e tensione emotiva, tra speculazione scientifica e riflessione esistenziale. Ogni storia si muove tra la parabola fantastica, un pensiero sperimentale, a un ritmo da metodo scientifico, ma è sempre percorsa da una pulsazione umanissima. Sul New Yorker lo scrittore ha ammesso che il suo scopo va oltre la profondità del sentimento umano: «Il mio obiettivo principale è quello di affrontare questioni filosofiche ed esperimenti mentali, cercando di elaborare le conseguenze di determinate idee».
Non a caso si è parlato di “fantascienza umanistica”: non perché i suoi testi siano consolatori o sentimentalmente accattivanti, ma perché riescono a parlare del dolore, del libero arbitrio, della fede, della memoria e del tempo senza mai perdere il contatto con ciò che rende umana la nostra esperienza del mondo.

Uno dei primi approcci destabilizzanti quando ci si accosta alla scrittura di Chiang è il suo interesse per la conoscenza e le implicazioni morali che ne conseguono.
In Storia della tua vita, la protagonista è una linguista chiamata a studiare e interpretare il linguaggio degli alieni. Mano a mano che la lingua degli eptapodi viene svelata, la studiosa acquisisce la capacità di percepire il tempo come un tutt’uno, abbracciando la consapevolezza del futuro – e di un futuro personale tremendo – senza poterlo modificare.

“Conoscevo fin dall’inizio la mia destinazione, e ho scelto il mio percorso di conseguenza. Ma sto procedendo verso l’estremo della gioia o del dolore? Ciò che raggiungerò sarà un minimo o un massimo?

Domande che mi risuonano nella mente quando tuo padre mi chiede: «Ti va di fare un bambino?». E io sorrido e gli rispondo: «Sì». Mi sciolgo dal suo abbraccio e prendendoci per mano rientriamo in casa per fare l’amore, per fare te”.

La rivelazione totale non conduce alla rassegnazione, ma a un’accettazione attiva e profonda del destino. Il dolore della conoscenza è il prezzo da pagare per accedere a un livello più intenso di esistenza.
È una visione che più volte ritorna e s’intreccia con una prospettiva determinista: per Chiang, l’universo è governato da un ordine materiale rigoroso che esula dal caso.
Lo esprime bene Renee, la matematica che nel racconto Divisione per zero cade in depressione perché scopre l’uguaglianza di tutti i numeri e, in un controsenso, la disciplina rivela il suo volto empirico:

“Mi sentivo come un teologo che stava dimostrando l’inesistenza di Dio. Ecco cos’è successo. [...] C’era una cosa in cui credevo profondamente, assolutamente, eppure non era vera, ed ero proprio io che lo stavo dimostrando”.

Il meccanicismo del divino è tale da avere un’alta potenzialità distruttiva nel palmo dei più fedeli. Il cervello umano riuscirà mai a contenere la complessità e l’insensatezza, oppure dovrà affidarsi alla follia?
La scelta è aperta: si può agire come Hillalum ne La Torre di Babilonia, rinarrazione della storia biblica della torre di Babele, che sceglie di farsi portatore dell’inspiegabile ingegno divino. Oppure c’è Neil, nell’Inferno è l’assenza di Dio, che si ostina ad andare contro la propria sorte: in un mondo dove Dio si rivela tangibile ogni giorno e i suoi angeli appaiono continuamente, il senso della fede diventa paradossalmente più problematico, non più fondato sulla speranza ma sulla constatazione.
In effetti, il sistema solare della narrativa di Chiang ha un’unica stella che lambisce i corpi celesti delle storie con lingue di tempo, destino e miraggio di libertà.
Ne è la dimostrazione la seconda raccolta di racconti, Respiro (traduzione di Christian Pastore, Sperling & Kupfer, 2021), dove tornano con più decisione i punti fissi solo accennati nell’opera di esordio.
Ad aprire la raccolta è Il mercante e il portale dell’alchimista, ambientato in un Oriente da Mille e una notte, dove il passaggio in una bottega di un misterioso alchimista rende possibile il viaggio nel tempo. I racconti del mercante s’incontrano e si mescolano ma la conclusione è la stessa: «futuro e passato sono uguali. Nessuno dei due può essere cambiato, tuttavia possiamo conoscerli più a fondo». L’illusione di poter cambiare il proprio passato e di esercitare un controllo sulla sorte si disintegrano davanti a un assioma: quello che è stato esiste immutabile per ricordarci di contemplarlo, accettarlo e comprenderlo.
Da vero scienziato che confuta le proprie teorie, Ted Chiang offre anche una controprova: cosa succederebbe se la scelta fosse illimitata e se, per esempio, potessimo scegliere come creare un prima e un dopo? Ne L’angoscia è la vertigine della libertà immagina una tecnologia – il prisma – in grado di connettere le persone ai loro universi alternativi. Si può entrare in contatto con il proprio sé parallelo per scoprire il risvolto di un’azione. Dopo qualche tempo, s’insinua il dubbio che la molteplicità delle possibilità, anziché aumentare la libertà, possa generare una nuova forma di paralisi morale: la scelta illimitata vuol dire essere davvero tutto ed essere nessuno. Sono le scelte definitive - e forse predeterminate - a dare contorni tangibili all’uomo.
In maglie narrative così strette e scientificamente rigorose è inevitabile incontrare la tecnologia. Ted Chiang non è un tecnofobo e nemmeno un entusiasta acritico del progresso. Non c’è niente di disumanizzante nelle astruse descrizioni delle invenzioni usate per esperire il mondo; c’è, piuttosto, una tecnologia profondamente umanizzata e integrata nella condizione esistenziale, al punto da diventare una metafora delle fragilità umane.
Gli strumenti dell’ingegno sono spesso lo sfondo – o il motore – di interrogativi più profondi. Nel Ciclo di vita degli oggetti software l’autore esplora l’etica della genitorialità applicata all’intelligenza artificiale: cosa significa crescere una coscienza? Quale valore e quali diritti ha un essere non biologico, ma educato, amato, nutrito emotivamente come un figlio?
Allo stesso modo, La verità del fatto, la verità della sensazione mette in scena un futuro in cui ogni ricordo è registrato e accessibile tramite un’interfaccia retinica. Il protagonista deve confrontarsi con l’eventualità che la verità documentata distrugga i legami affettivi costruiti sulla memoria emotiva: un vero e proprio conflitto tra memoria e archivio, tra l’oblio regalato dal perdono e l’inflessibilità asettica e dettagliata.

Lo stile narrativo di Chiang è deliberatamente sobrio e analitico: non rincorre l’effetto, ma costruisce con pazienza le condizioni logiche ed emotive del racconto. I suoi testi non si accontentano di “raccontare” un’idea, ma vogliono mostrarne tutte le implicazioni, esplorarne ogni angolo cieco. È una scrittura che chiede molto al lettore, ma lo ricompensa con una profondità rara.
Molti dei racconti sono ambientati nel passato o in versioni alternative del presente, le epoche storiche si fondono, la mitologia incontra la scienza e il fantastico serve a illuminare le strutture profonde della realtà.
Tutti aspetti che rifiutano le semplificazioni e le dicotomie: tra umano e artificiale, tra scienza e spiritualità, tra libertà e determinismo, tra emozione e razionalità. Il pensiero si muove sempre in tensione tra poli opposti, cercando sintesi inattese e nuove domande invece di risposte definitive.
Ted Chiang è un autore che ha trasformato la forma breve in uno strumento di indagine e meditazione. Che si tratti di intelligenze artificiali, viaggi nel tempo, memorie registrate o rivelazioni cosmologiche, ciò che gli interessa è come queste idee ci costringano a ridefinire ciò che siamo, ciò che sentiamo, ciò che scegliamo. In un’epoca che spesso confonde il progresso con la velocità e la complessità con la confusione, la sua voce lucida e profonda ci invita a rallentare e, soprattutto, a sentire.
Alla fine ci arrendiamo e, come la scienziata di Omphalos, teniamo insieme razionalità e spiritualità, senza contraddirle:

Anche se noi esseri umani non siamo la risposta a un perché, io continuerò a cercare una risposta al come.

Con grazia e rigore, Ted Chiang ci ha mostrato che l’umanità non è un limite alla conoscenza, ma la sua vera misura.