La metà del doppio, di Fernando Bermùdez

Autore: Fernando Bermùdez Titolo: La metà del doppio Traduzione: Giovanni Barone  Editore: Spartaco edizioni pp. 140  Euro 14,00

Autore: Fernando Bermùdez
Titolo: La metà del doppio
Traduzione: Giovanni Barone
Editore: Spartaco edizioni
pp. 140 Euro 14,00

di Fabrizia Gagliardi

Per essere una eco originale dovresti restituire un suono simile, non proprio speculare, basterebbe aggiungere una flessione propria per inventare un nuovo modo di essere. Non è proprio così per la letteratura sudamericana, argentina in particolare. Peculiarità storiche – tra strascichi di colonizzazione, decolonizzazione e anni di dittatura – e linguistiche – come la miriade di dialetti che si discosta dalla lingua nazionale – hanno continuamente mosso il centro dell’identità letteraria senza creare un’unica tradizione. Si tratta di cambiamenti che hanno assecondato diverse spinte tematiche e stilistiche, frequenti sperimentazioni e hanno assicurato un buon grado di eccentricità ai loro protagonisti.

Ci vengono subito in mente, per citarne alcuni, i giochi labirintici di Borges, le componenti fantastiche e metafisiche di Cortazàr, il movimento linguistico di Arlt, l’arte del racconto di Horacio Quiroga, la poesia di Macedonio Fernandez, Silvina Ocampo, gli autori contemporanei come Manuel Puig e Alan Pauls. Una storia letteraria puntellata da generi diversi tutti caratterizzati da un approccio nuovo allo stile e uno studio sintattico e formale dai risultati inediti.

Tra questi annoveriamo La metà del doppio di Fernando Bermúdez, portato in Italia da Edizioni Spartaco con la traduzione di Giovanni Barone. Sette racconti che non s’immergono mai completamente nel realismo delle vicissitudini umane, offrendoci uno scavo psicologico approfondito in poche parole mentre preparano il terreno al visionario. La scrittura di Bermúdez sprigiona in poche righe la casualità e il nonsense dell’entropia umana, partendo da scenografie quotidiane la cui implosione è affidata a incursioni nel fantastico e nell’intervento metanarrativo controllatissimo.

In Blomma, come in un noir, inseguiremo un misterioso viaggiatore e ad accompagnarci sarà la consapevolezza crescente dello scambio tra scrittura eterodiegetica e omodiegetica: il pedinamento lascerà la libertà di giocare nello spazio concessoci dall’autore e, allo stesso tempo, traghetterà in confini sempre più aperti all’imprevedibilità. La predilezione per l’equivoco e il gioco pirandelliano sarà più evidente in Hugo Talmann, morto a New York con la presenza di più piani narrativi non esattamente allineati: da una parte assisteremo a uno scrittore affetto dalla strana malattia di pensare alle infinite possibilità che una narrazione può generare, dall’altra scopriremo l’esistenza di una sorella che lo sta raggiungendo per un ultimo saluto. Invece di affidare l’illusione di essere lettore a un trucco mimetico, Bermúdez preferisce prendersi cura della lingua per smascherare il narratore e i meccanismi della finzione.

Gli chiesi che provasse a immaginare qualcuno che soffrisse realmente di quel problema. Qualcuno che non poteva decidersi per una singola parola e non poteva continuare la frase senza sviluppare contemporaneamente tutte le possibilità e, logicamente, esprimerle tutte allo stesso tempo.

«Una storia è un atto di seduzione», scriverà in Blomma, «ma non esiste nessun atto possibile che possa chiuderla», e nella non conclusione ci sentiremo completi: tutta l’illusione del ciak d’inizio e della fine di ogni storia si volatilizzano lasciando strascichi più consapevoli. Il bianco e nero, insieme alla rassicurante regolarità umana, vireranno verso il grigio, nell’eterno ritorno di conoscenze mancate che chiederanno una decisione prima o poi.

Anche in racconti dove l’impianto realistico prevale, come Mezzanotte passata e Circostanziale del tempo, la ricerca della parola non è mai scontata, la metafora rivela confronti inaspettati, e si lascia andare a una dimensione poetica per creare labirinti temporali. Due fronti si amalgamano in maniera seducente: lo sdoppiamento dell’umano che guarda se stesso raccontando il mondo e la disciplina del narratore che ha sempre in mente dove condurrà il percorso. Ne La condizione genuina sorvoliamo angoli lirici e sentimentali con un narratore che si diletta nel piano sequenza. L’addio di due amanti non ha niente di visionario o fantastico, eppure la scrittura quasi cinematografica sprigionerà tutte le potenzialità di un incontro metafisico. La regia dell’autore è lessicalmente attenta e cambia codice visivo con la forza di quello linguistico.

Gli guarda gli occhi, stavolta con gli occhi aperti, lei. Dice che stanotte lui se ne andrà. Che prima dell’ora in cui entrambi dovrebbero alzarsi per continuare a vivere lui si alzerà per andarsene. Dice anche: «Per sempre». Lui ha gli occhi profondi. Con chilometri di pianto che spargerà in risate e in convinzioni e in contraddizioni. Lui crede che ormai non potrà fare altro che piangere in tutte le maniere.

Viene voglia di esplorare la promessa temporale di Bermúdez e una raccolta così curata garantisce un accesso a un genere tra l’onirico e la mistificazione della realtà del tutto inedito e personale.

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