Saluto tutti quelli che mi conoscono, di Stefano Salvi

Golem edizioni porta in libreria Saluto tutti quelli che mi conoscono, di Stefano Salvi. Una raccolta di racconti che, attraverso situazioni surreali, comiche e farsesche, esplora con ironia le ossessioni, le paranoie e le paure quotidiane, mettendo in scena il lato assurdo e grottesco della vita.

Cattedrale vi propone il racconto che da il titolo alla raccolta, per gentile concessione dell’editore.

Saluto tutto quelli che mi conoscono
di Stefano Salvi

La lettera della TV pubblica arrivò a casa nostra due mesi dopo che aveva partecipato al programma e, fino ad allora, mio marito era stato l’Antonello di sempre.
Oggi, che su tutti i canali si parla di lui, ho sentito spericolate ricostruzioni di quanto accaduto. Descrivono un uomo ossessionato da quel quiz, che non perdeva una puntata trascurando me, i figli, il lavoro. Parlano di un uomo la cui unica priorità era di diventare il campione del programma, incapace di incassare il fallimento. Ecco, tutto questo è molto lontano dalla verità. Antonello amava sì quella trasmissione e sognava da anni di diventare un concorrente, ma era anche consapevole che di chance di vittoria ne aveva ben poche. Per lui la cosa importante era partecipare. Quella sera, seduta tra il pubblico, ero presente anch’io. Quando era caduto sulla domanda di biologia, quella cosa sulle raganelle della foresta pluviale, aveva accettato l’eliminazione con il sorriso, aveva poi chiesto la parola, salutato tutti quelli che lo conoscevano e lasciato lo studio. Quella sera stessa a cena era euforico, entusiasta per quell’esperienza, per un sogno che si era finalmente coronato. Credetemi, Antonello era una persona normalissima fino all’arrivo di quella lettera o meglio quella fu la causa scatenante, perché gli effetti sulla psiche di mio marito si verificarono solo nelle settimane successive. Ora non voglio con questo dire che prendemmo la cosa sottogamba. Non capita tutti i giorni di ricevere una lettera dall’ufficio legale della TV pubblica.

TRASPARENZA VERSO IL CITTADINO E OBBLIGHI DI RENDICONTAZIONE

Ricordo bene l’oggetto e un po’ meno il contenuto della lettera, ma sostanzialmente diceva che in riferimento alla partecipazione del signor Antonello Scandagli alla trasmissione bla bla bla, andata in onda il giorno bla bla bla, sul primo canale della TV pubblica, visti gli obblighi di trasparenza e rendicontazione verso il cittadino stabiliti dal garante della privacy con particolare riferimento agli articoli bla bla bla… Insomma, si faceva richiesta al Signor Scandagli di fornire una lista esaustiva di tutte le persone che aveva inteso salutare al termine della sua partecipazione al suddetto programma. La lista doveva essere inviata tramite fax o raccomandata o anche consegnata brevi manu presso la sede centrale della TV pubblica entro la data prevista, allo scadere della quale la TV pubblica – e questa cosa era scritta in grassetto – si sarebbe vista costretta a procedere per vie legali.
La sera della lettera, benché avesse più di tre settimane di tempo, trovai Antonello al PC intento a stilare quella benedetta lista servendosi di una vecchia agenda telefonica dove conservavamo i numeri telefonici di amici e parenti. Ripeto, non mi sembrava preoccupato, niente poteva farmi ipotizzare quello che sarebbe successo.
Fu solo nei giorni successivi che iniziò a comportarsi in maniera strana. Divenne nervoso, taciturno, cominciò a mangiare poco e durante la notte lo sentivo rigirarsi tra le coperte come non aveva mai fatto. Lì per lì non pensai alla lettera. Collegai le cose solo qualche mattina dopo. Avevo acceso il PC per controllare la posta elettronica e, mentre scaricavo un documento, mi cadde l’occhio su un file Word salvato come Antonello_Scandagli_Conoscenti che stava sul desktop. Lo aprii e non trovai altro che una manciata di nomi. Il mio, quello dei nostri genitori, dei nostri due figli, di suo fratello con i relativi figli e più nulla. Lo avevo visto ore seduto davanti al PC, possibile che fosse tutto lì quello che aveva prodotto? No, non lo era, sulla sola agendina telefonica ci saranno state centinaia di contatti. Perché non aveva completato la lista? Cosa stava aspettando?
Ora tutto si può dire di mio marito tranne che sia scemo. Okay, non è laureato, è un semplice impiegato in una ditta di serramenti e non ha forse il tipo di cultura che serve per diventare un campione da quiz televisivo, ma è una persona con una testa pensante e infatti, anche in quell’occasione, si era dimostrato più assennato di me. No, Antonello non aveva sottovalutato la lettera e, quando gli chiesi come mai non avesse completato la lista, mi spiegò che c’era una serie di questioni che gli impediva di farlo.
Una delle prime cose che aveva valutato era la possibilità che le persone nella lista ricevessero una qualche notifica di avvenuto saluto. Era lecito aspettarsi una cosa del genere, altrimenti a cosa serviva quella lista? Antonello non voleva dare disturbo o preoccupazioni ai nostri conoscenti, ma in realtà – ci misi molto a farglielo ammettere – non voleva che qualcuno pensasse che si fosse montato la testa per essere andato in televisione. Gli suggerii, allora, di limitarsi a inserire nella lista i conoscenti più stretti, ma anche questa possibilità, che aveva naturalmente già vagliato, mostrava delle insidie.
Innanzitutto, mi spiegò, qualcuno degli esclusi ci sarebbe potuto restare male per non aver ricevuto il saluto, magari le stesse persone che avevano assistito al programma, fatto il tifo per lui, per poi scoprire un giorno che quel saluto fatto nello studio televisivo non era rivolto anche a loro.
Ma era soprattutto la possibilità di qualche controllo a spaventarlo. Certo, la TV pubblica poteva limitarsi ad alcune telefonate a campione, e allora con buona possibilità la cosa sarebbe filata liscia. Ma poteva anche essere che quella richiesta non fosse un caso isolato, quanto piuttosto una procedura standard. Era dunque possibile che non avessero bisogno di fare delle telefonate o inviare altre lettere, ma che, inserendo i nomi della lista in una banca dati, in qualche sistema informatico che la TV pubblica magari condivideva anche con ministeri e forze dell’ordine, sarebbero bastati un paio di click per effettuare un controllo incrociato. Era sufficiente che il nome di mio marito fosse presente sulla lista di qualcuno che invece non compariva sulla sua o viceversa e il computer avrebbe in maniera immediata segnalato l’irregolarità.
Dunque, piuttosto che limitarsi a pochi nomi, sarebbe stato più saggio, nel dubbio, arrotondare per eccesso.
C’erano però altre considerazioni che gli impedivano di procedere. Avrebbe dovuto chiedere il permesso a tutte le persone prima di inserirle nella lista? Si trattava pur sempre di un documento pubblico. Sarebbe stato un lavoro lungo, ma il vero problema era come procedere con tutta una serie di persone che conoscevamo ma che non frequentavamo attivamente. I genitori dei compagni di scuola dei nostri figli o le loro maestre, i condomini del palazzo dove abitavamo qualche anno fa, i ragazzi egiziani della frutteria all’angolo, il nostro vecchio medico curante andato in pensione? Poteva chiedere a queste persone se lo consideravano un suo conoscente, ma sarebbe risultato ambiguo. Come discriminare un conoscente da un non conoscente? Bastava essere una persona che si salutava per strada, oppure occorreva conoscere il nome, il cognome, la data di nascita e alcuni tratti salienti della storia personale? O forse avrebbe dovuto prendere in considerazione solo le persone con le quali aveva vissuto qualche evento particolarmente significativo? Ma anche qui fare una selezione avrebbe finito per risultare del tutto discrezionale.
Antonello si prese alcuni giorni di ferie dal lavoro per ragionare – o almeno così mi disse – mentre in realtà si faceva sempre più cupo e scontroso. Una notte mi svegliai e non lo trovai vicino nel letto. Se ne stava al buio in salone seduto al tavolo grande con intorno alcuni faldoni che lì per lì non avevo riconosciuto. Erano vecchi album di fotografie di famiglia. Alcuni appartenevano addirittura ai suoi genitori. C’erano le foto di Antonello e di suo fratello da bambini. Il bagnetto, la scuola, la comunione: tutti i momenti più significativi delle loro vite. Non li vedevo da anni quegli album, doveva averli recuperati chissà quando dalla cantina. Quella notte sembrava concentrato su una sua vecchia foto di classe. Mi avvicinai, gli misi una mano sulla spalla e solo allora mi accorsi che stava dicendo qualcosa. Ripeteva i cognomi di quei bambini uno a uno, in ordine alfabetico, ma si bloccava di continuo e ricominciava da capo. Faticai a riportarlo a letto. Vaneggiava su delle prove che dovevano sparire e si addormentò solo quando gli promisi che l’avrei aiutato io a fare tutto quello che andava fatto.
La mattina sembrava aver dimenticato quello che era accaduto durante la notte e si rimise a lavorare alle liste. Parlo di liste perché ormai non ce n’era più solo una, ma diverse a seconda dei modi di interpretare la lettera della TV pubblica. Antonello non faceva altro che aggiungere e sottrarre nominativi. Amici, colleghi, persino interi rami delle nostre parentele passavano da una lista a un’altra a seconda di criteri molto volubili. Bastava che qualcuno per strada ci salutasse con maggiore trasporto ed eccolo che finiva in una lista così come un saluto più blando poteva costargli la presenza.
C’era una lista con le persone che conosceva, ma che erano morte o probabilmente morte. C’era una lista con le persone, poche in realtà, con le quali aveva litigato e rotto i rapporti. C’era persino una lista nella quale aveva evidenziato le persone che si conoscevano tra loro malgrado lui, anche se non capivo perché avesse reputato utile isolare quella informazione e mi guardai bene dal chiederglielo.
Ieri, a due giorni dal termine per la consegna, ho deciso di prendere in mano la situazione provando a contattare l’ufficio legale della TV pubblica per chiedere maggiori spiegazioni o quantomeno una dilazione dei termini di consegna. Sono stata rimbalzata per ore tra vari centralini senza ottenere nulla. Soltanto questa mattina ho deciso di presentarmi in sede. Antonello era d’accordo. Nel mentre lui se ne sarebbe rimasto a casa a lavorare alle liste, anche perché ormai era l’unica cosa che faceva. Aveva chiesto un’aspettativa al lavoro e la mattina, lui che all’alba era sempre in piedi, faticavo a fargli lasciare il letto.
Questa mattina era ancora sotto le coperte quando gli ho portato il tè, saranno state le nove. Ho poggiato la tazza sul comodino tra decine di fogli pieni di nomi scarabocchiati, poi mi sono fermata a guardarlo. La stanza era buia, lui non si muoveva, quindi ho pensato che stesse ancora dormendo. È stato solo quando ho preso la mia borsa dall’armadio, facendo per andarmene, che si è messo seduto con la schiena contro la testiera del letto e mi ha chiesto di aprire le finestre. Sono rimasta un po’ con lui mentre sorseggiava il tè parlando del più e del meno.
Conosco bene mio marito e quando ha detto che se tutti avessero saputo chi era non ci sarebbe stato bisogno di alcuna lista ho pensato solo a una battuta per sdrammatizzare e sono quindi uscita di casa di buon umore. E invece.