Sellerio porta in libreria Atlante della luce e dell’ombra di Sylvain Tesson e tradotto da Marina Di Leo. Trentuno racconti per accompagnarci nei luoghi più disparati e ameni del mondo, dalla Russia post-sovietica alla Siberia, dall’India all’Himalaya. La lente attraverso cui Sylvain Tesson ci racconta la realtà in cui viviamo è forse ancor più affascinante del solito: a muovere la narrazione è infatti la ricerca della luce e dell’ombra, le albe dell’Est e i tramonti dell’Ovest, in una dialettica mai risolta, mai pacificata.
Cattedrale vi propone uno dei testi della raccolta, per gentile concessione dell’editore.
UNA SERA NELLA FORESTA
Pëtr tornava dalla fiera del bestiame. A quei tempi rientrare a casa significava dover attraversare le montagne più alte e le valli più profonde.
Avanzava in sella a Fidel, il suo destriero. La campagna russa era l’immagine perfetta di ciò che i moscoviti del futuro avrebbero poi rimpianto, dopo averla meticolosamente sagomata. La prospettiva imponeva alle colline di disporsi in ordine decrescente, alle siepi di ricalcare il disegno degli appezzamenti, ai viali di dare l’idea della profondità di campo. Pëtr – stupido kulak – non poteva misurare l’intelligenza del paesaggio, ma con il suo rozzo cervello intuiva confusamente che la mano dell’uomo aveva trasformato la topografia e, grazie al cielo, respinto il caos. Per giunta era primavera, la stagione più odiata dalle anime tenebrose per le quali i germogli sono solo sintomi del prurito cronico che affligge la terra. I monaci amanuensi della vicina abbazia schernivano la stagione.
Si accaldavano in estate, si incupivano in autunno, sbiadivano in inverno, ma arrossivano in primavera, quando la vita cingeva d’assedio la loro roccaforte. A lui, cuore semplice, piaceva guardare le farfalle fare salotto sulle corolle, i reduci caracollare tra le ombrellifere e le cicindele scintillare sotto l’erba grassa. (Aveva un debole per la nomenclatura). Pëtr – mužik razionale – pensava che, se i fiori si accanivano con tanta energia a perforare l’involucro dei sepali per assistere allo spettacolo, doveva valerne la pena. E come avrebbero potuto sbagliarsi i fiori, opera di Dio che i monaci si limitano a riprodurre?
Il cavallo trottava. «C’è un’arietta sottile», mormorò Pëtr tra sé.
A dispetto della sua buona volontà, l’Uomo non aveva potuto sistemare tutte le terre del paese. Nonostante il lavoro d’accetta dei monaci che ridisegnavano il paesaggio affinché i futuri Šiškin o Nesterov potessero trarne ispirazione e farne lo sfondo delle loro tele, certe valli erano ancora ingombre di foreste dove proliferavano gli scandali abituali della Natura bruta. Per raggiungere la sua isba, Pëtr doveva addentrarsi nella foresta. «Chissà quante carneficine e quanti adulteri vengono commessi qua in mezzo...», pensò oltrepassando i primi alberi. «E quanti rampolli di insetti saranno rimasti orfani su questi muschi infradiciati...», pensò inoltrandosi nel bosco ceduo. «E chissà se queste gocce di rugiada non sono invece lacrime di creature abbandonate...», si chiese calpestando i rami abbattuti.
Era appena entrato nel folto della fustaia, quando la tempesta arrivò insieme alla notte. A furia di girovagare, Pëtr aveva perso tempo. Come recuperarlo ora che le spoglie cime degli alberi si piegavano sotto lo scalpello dell’uragano improvviso? Pëtr si perse nel bosco. Sentieri, viottoli e viali si confondevano nella tormenta. I tuoni laceravano l’aria e i lampi fuoriuscivano dagli squarci delle nuvole. Il cavallo si impennava a ogni fulmine, e Pëtr, sballottato sulla sella, sentì sopraggiungere il mal di mare. Non andava forse alla deriva come una barca in difficoltà nell’oceano di fango, sotto gli alberi grondanti?
Affondava negli strati di torba, si smarriva tra i rovi, vacillava sotto la sferza del vento. Imprecò contro quella primavera volubile che scagliava fulmini a fine giornata. La foresta non sembrava disposta a lasciarlo andare. Era il cavallo che – con uno scarto a destra e uno a sinistra – girava in tondo? Oppure la vegetazione che – con linfa rinvigorita dalla burrasca – cresceva a vista d’occhio, spostando in avanti i confini del bosco?
La tempesta gli si insinuò nel cervello. L’animo di Pëtr si indebolì. Le forze gli vennero meno, il suo coraggio si sgretolò. I sussulti del cavallo si trasmisero alle gambe del cavaliere, poi anche al busto e alle braccia.
Alla fine Pëtr tremava dalla testa ai piedi, in preda al panico. Pensava di morire quando scorse la luce. Uno scintillio lontano che il bosco mascherava a tratti e che ricordava il bagliore intermittente delle lucciole in estate.
Manovrò le briglie e fece strada verso la salvezza. Teneva lo sguardo fisso sul chiarore, frustando il cavallo. Il vago sfavillio prese forma. Pëtr distinse una sapiente illuminazione. Si fermò di colpo davanti a una cascata di luce.
La bufera si era arresa, vinta dai fari che sgominavano il buio. Una visione celestiale si presentò agli occhi di Pëtr: un castello da favola al quale la collera del cielo concedeva una tregua. Eppure appena più in là si sentiva infuriare la tempesta...
Una selva di torri e piccole garitte spuntava dai tetti baldanzosamente picchiettati di bandierine rosse. Le crociere erano tutte di marmo. Cornici levigate separavano i riquadri delle finestre aperte, che risplendevano come bracieri accesi. Dieci balconi si affacciavano su scalinate bianche che scendevano fino al parco. Il tracciato del giardino si rifletteva sulle superfici lucenti della facciata. Sculture di bosso, aiuole di giusquiamo, boschetti di rododendri disegnavano spirali che invitavano alla passeggiata.
Dalle due siepi simmetriche che costeggiavano il viale sporgevano torce a illuminare il percorso. Tutto era lussuoso e calmo. I dintorni deserti. Il silenzio regnava su quell’incanto. E il castello sembrava una residenza allestita per l’arrivo di un re. Sulla facciata si vedevano blasoni rossi e neri. Protetto, al sicuro, scampato alla tempesta, Pëtr emise un sospiro di sollievo. Mal gliene incolse. Povero, sfortunato Pëtr!
Era un castello di carte.
2021 © Éditions Libretto / Libella, Paris
2025 © Sellerio editore via Enzo ed Elvira Sellerio 50 Palermo

