Cronache dell'altrove, di Herbert George Wells

Mattioli 1885 porta in libreria Cronache dell’altrove, di H.G. Wells, tradotto da Francesca Cosi e Alessandra Repossi. Dieci racconti, in parte mai tradotti prima, pubblicati da H. G. Wells tra la fine del xix e gli inizi del xx secolo, che spaziano dall’horror al tono umoristico. Presentati in ordine di pubblicazione, questi testi forniscono ai lettori una panoramica sull’opera di Wells e sul suo percorso personale.

Cattedrale vi propone un estratto della postfazione al libro di Francesca Cosi e Alessandra Repossi, per gentile concessione dell’editore.

I tanti mondi di H.G. Wells
di Francesca Cosi e Alessandra Repossi

Herbert George Wells nacque il 21 settembre 1866 a Bromley, nel Kent, da una famiglia né abbiente né colta: il padre era giardiniere e in seguito aprì, senza fortuna, un negozio di porcellane arrotondando le entrate con il gioco del cricket, mentre la madre lavorava come domestica a Uppark, nella residenza di campagna di una famiglia benestante. Nel pieno dell’età vittoriana, la società inglese era strutturata in modo rigido, quindi le prospettive per il giovane H.G. non erano particolarmente brillanti, meno che mai quando il padre si fratturò una gamba e non fu più in grado di giocare a cricket per mantenere la famiglia. A quel punto il futuro scrittore, all’epoca quattordicenne, dovette lasciare la scuola e iniziare a lavorare per contribuire alle spese di casa: venne perciò avviato al mestiere di venditore di stoffe, che la madre considerava molto meritevole, ma che a lui risultò via via sempre più insopportabile.
Nel frattempo, continuò a studiare da autodidatta sperando di migliorare la propria posizione e già nel 1881 aveva acquisito buone conoscenze della lingua latina che in seguito gli sarebbero risultate utili: nel 1883 giunse in fatti alla conclusione di non essere adatto a vendere tessuti, quindi pregò i genitori di lasciarlo tornare a scuola, grazie a un impiego di tutor che si era guadagnato presso la Grammar School di Midhurst per via della sua padronanza del latino. A Midhurst poté quindi proseguire la carriera scolastica mantenendosi al tempo stesso e con gli ottimi risultati scolastici conseguiti si guadagnò una borsa di studio per la Normal School of Science di South Kensington (Londra). Qui, dal 1884 al 1887, studiò biologia con Thomas Huxley, fisica e geologia, costruendosi una solida prepara zione scientifica. Fu in quel periodo che fondò lo Science Schools Journal, la rivista studentesca sulla quale iniziò a pubblicare i propri testi, tra cui il racconto Visioni del passato incluso nella presente raccolta.
In quel periodo decise che avrebbe consacrato la propria vita alla scrittura, ma all’inizio per farlo si sarebbe dovuto mantenere con l’insegnamento; perciò, nel 1888 accettò un incarico da docente alla Holt Academy di Wrexham, nel Galles, che però dovette lasciare quando subì un fallo violento durante una partita di calcio riportando una grave lesione a un rene.
Trascorse la lunga convalescenza leggendo moltissimo (in particolare Carlyle, Emerson, Hawthorne, Stevenson e Whitman) e scrivendo almeno cinque short stories e tre abbozzi di romanzi, tra cui Gli argonauti del tempo (la prima versione a puntate di quello che poi sarebbe diventato La macchina del tempo) e il racconto Walcote presente in questa raccolta, che videro entrambi la luce sullo Science Schools Journal.
Nel 1889, dopo aver recuperato le forze, tornò a Londra per insegnare alla Henley House School mentre completava il suo Bachelor of Science alla University of London, dove si sarebbe laureato in Zoologia l’anno seguente: gli studi scientifici avrebbero in seguito costituito la fonte di molti racconti e romanzi con i quali sarebbe diventato famoso gettando le basi di un genere che stava per sbocciare: la fantascienza contemporanea, che ancora non aveva un nome e che lui definiva ‘romanzo scientifico’ oppure ‘fantasticheria sul possibile’.
Il 1891 fu l’anno del suo matrimonio con la cugina Isabel Wells, unione infelice fin dagli inizi, visto che appena tre anni dopo H.G. fuggì con una sua studentessa, Amy Catherine Robbins. L’avrebbe sposata nel 1895 e sarebbe rimasto con lei fino al 1927, anno in cui la donna morì, pur coltivando nel frattempo rapporti con altre (tra cui la scrittrice Rebecca West, dalla quale ebbe un figlio nel 1914). Nell’arco di tempo fra i due matrimoni, Wells continuò con scarso successo a inviare i suoi testi a giornali e riviste mentre si manteneva con il lavoro di insegnante, ma nel 1893 la sua carriera di docente si interruppe a causa di un altro crollo fisico: aveva iniziato a tossire sangue.
Urgeva il riposo, e fu proprio durante la convalescenza a Eastbourne che Wells lesse When a Man’s Single di J.M. Barrie, un resoconto dei suoi esordi come giornalista. Nel testo lo scrittore incitava i giovani cronisti a evitare gli ar gomenti troppo seri che invece tendevano a voler affrontare, e a scrivere di soggetti e temi quotidiani. Fu così che Wells capì di aver mirato troppo in alto con i suoi articoli di taglio scientifico che venivano quasi sempre rifiutati dai giornali e si mise a scrivere un pezzo umoristico sulle persone che vedeva in spiaggia: l’articolo venne pubblicato dalla Pall Mall Gazette nel 1893 e la redazione lo pregò di scriverne altri simili. Fu così che divenne un collaboratore fisso e si ritrovò a guadagnare molto più di quando era insegnante: ormai poteva dedicarsi solo alla scrittura.
Nel 1894, un redattore del Pall Mall Budget (il settimanale della Gazette) ebbe un’intuizione geniale: grazie alle sue vaste conoscenze scientifiche, Wells avrebbe potuto scrivere racconti nei quali rielaborava queste ultime per costruire trame fantastiche. Fu subito un successo e quell’anno lo scrittore pubblicò ben diciannove short stories a tema per lo più fantascientifico che da allora sono state continuamente ristampate in tutto il mondo, seguite da una seconda raccolta di altri diciassette racconti uscita nel 1897. In parallelo giunse alla stesura definitiva di alcuni dei suoi romanzi più celebri in questo ambito: La macchina del tempo fu pubblicato nel 1895, L’isola del dottor Moreau nel 1896, L’uomo invisibile nel 1897 e La guerra dei mondi nel 1898. Via via che si concentrava sui romanzi, che considerava «il materiale consono al lavoro quotidiano, la distillazione metodica e attenta di pensieri, sentimenti, esperienze e impressioni», abbandonò i racconti: la produzione di questi ultimi andò infatti calando progressivamente dal 1894 al 1899 e passò dai diciannove citati sopra a due soltanto nell’ultimo anno. È però significativo che Wells non smise mai di dedicarvisi per tutta la vita, sebbene lo facesse sempre più raramente: l’ultimo, Risposta a una preghiera (inserito nel presente volume), fu scritto nel 1937.
Con l’inizio del nuovo secolo, Wells iniziò a farsi una reputazione non solo come scrittore di narrativa, ma anche come sociologo e visionario in grado di predire dove stesse andando il mondo, sia grazie alla scienza sia alla politica: tra le sue pubblicazioni presero infatti a comparire saggi di taglio analitico e utopico nei quali da un lato studiava i problemi sociali più urgenti elaborando soluzioni, dall’altro sosteneva il socialismo e, fra le varie idee innovative, la creazione di uno Stato mondiale che avrebbe garantito pace e giustizia a tutti i suoi abitanti (Stato che si intravede anche nelle pagine del racconto La strana storia del giornale di Brownlow qui riportato).
La sua produzione divenne così ancora più variegata, arrivando a comprendere alla sua morte, avvenuta nel 1946, più di novanta racconti (variamente combinati in una trentina di raccolte), oltre cinquanta romanzi e una sessantina di saggi a tema sociologico, storico, scientifico, politico, teologico, biografico e autobiografico. La parte più nota della sua produzione, ossia i romanzi e i racconti che lo imposero al mondo come grande autore di fantascienza, è quella pubblicata entro gli inizi del Novecento, prima di compiere i quarant’anni, mentre la vasta produzione saggistica, poco nota in Italia anche perché quasi per niente tradotta, è tutta concentrata nella seconda metà della sua vita.

I racconti inseriti in questa raccolta erano finora tutti inediti in italiano e la loro selezione è frutto di lunghe ricerche: furono infatti inizialmente pubblicati da Wells su varie riviste, come si usava all’epoca, e in seguito sono ‘sfuggiti’ alle diverse raccolte realizzate nel corso della sua vita. Si tratta quindi di testi poco noti anche al pubblico di lingua inglese, e il criterio con cui li abbiamo selezionati è stato l’appartenenza al genere fantastico in senso lato.
A questo proposito bisogna dire che, nel tempo, molti studiosi hanno cercato di categorizzare le short stories dell’autore suddividendole per temi e generi, ma come ha affermato Ursula K. Le Guin, che ne ha curato una raccolta, il compito è difficile perché «Wells è uno scrittore sfuggente». E, in effetti, leggendo questi racconti sembra proprio così: la varietà di argomenti e materie di cui si è occupato nel corso della vita, per di più con una varietà di stili e approcci, si riflette anche nei suoi testi brevi, complicando ogni tentativo di categorizzazione.
Quella che però si può notare leggendo in ordine cronologico i racconti di questa raccolta è una cesura fra le sette short stories pubblicate entro la fine dell’Ottocento e le altre tre, che risalgono rispettiva mente al 1915, 1932 e 1937.
Nelle prime, infatti, lo scrittore presenta un fatto misterioso e, dopo averlo affrontato in stile horror (Walcote, La cosa al numero 7, La presenza accanto al caminetto) o in altri casi in tono umoristico (Il doppelgänger di Mr Marshall), fornisce ai lettori una soluzione basata sulla logica: la persona trovata morta al numero 7 non è stata affatto uccisa dagli spettri in una notte particolarmente tempestosa, la voce che si ode nella stanza rischiarata a malapena dai candelabri e ornata da una statua demoniaca non è certo quella di un defunto. Tutto ha una spiegazione perfettamente sensata e Wells ce la rivela con maestria.
Non a caso questi racconti sono stati scritti proprio ne gli anni in cui l’autore svolgeva o aveva terminato da poco gli studi scientifici (conclusi nel 1889), anni in cui aveva assorbito la teoria dell’evoluzione (alla quale accenna nel racconto Visioni del passato, qui inserito) e lo spirito critico della ricerca scientifica. In quella fase pare che, da un lato, fosse fortemente attratto dal mistero, ma al tempo stesso, dall’altro, non volesse fermarsi alle spiegazioni soprannaturali: ognuno di questi racconti è sotteso dal tentativo di districare la concatenazione logica di cause ed effetti che hanno prodotto la situazione misteriosa fino a chiarirla riportandola su un piano razionale, come vedremo analizzandoli uno per uno.
Si parte da una delle primissime storie che Wells riuscì a pubblicare agli esordi, Visioni del passato, che vide la luce nel 1887 sotto lo pseudonimo di Sosthenes Smith: l’autore aveva allora ventun anni e forse non si sentiva ancora padrone della propria arte, tanto da scegliere di firmarsi con un nome fittizio. In questa short story dai toni leggeri attacca la nozione di antropocentrismo dimostrando come l’Homo Sapiens non sia affatto il punto di arrivo dell’evoluzione, ma un caso fortuito della storia naturale: al suo posto avrebbero benissimo potuto esserci i rozzi bestioni con tre occhi incontrati dal protagonista del racconto, convinti di essere «l’apice della vita, gli esseri più nobili che siano mai esistiti o che mai esisteranno» (p. 134), così come ne erano e ne sono convinti ancora oggi tanti esseri umani. Secondo Wells, invece, la terra non è affatto amorevole e accogliente per la nostra specie, ma nel peggiore dei casi ostile e nel migliore indifferente, cosa che avrebbe pensato fino alla fine: «non c’è alcuna ragione di credere che l’ordine della natura sia più favorevole all’uomo di quanto lo fosse all’ittiosauro o allo pterodattilo», scrisse nel 1939 in The Fate of Homo Sapiens.
Con Walcote, del 1888-89, e La cosa al numero 7, del 1894, lo scrittore cambia invece completamente registro: questi racconti richiamano infatti le atmosfere horror di Edgar Allan Poe, creando ambientazioni tenebrose, con tanto di statue di satana e satiri che paiono muoversi nell’ombra e case buie che nascondono scene orripilanti. Ma le similitudini con l’autore americano e con il genere horror sono soltanto esteriori: i misteri non hanno poi le spiegazioni soprannaturali che ci si potrebbero aspettare e Wells mostra di sapersi distaccare abilmente dal genere per prendere direzioni inattese, che prediligono la razionalità.