Più grande la paura, di Beatrice Masini

di Beatrice Masini Marsilio Editore Euro 16,50

di Beatrice Masini
Marsilio Editore
Euro 16,50

di Marina Bisogno

Che cosa rende buono un racconto? Beatrice Masini, editor, traduttrice editoriale e scrittrice, con la raccolta di racconti Più grande la paura, pubblicata da Marsilio, è riuscita a dare voce ai bambini senza essere mai stucchevole o artefatta. Nei setti racconti e nella novella che compongono il libro i protagonisti sono bambini e bambine che si sentono scollati dal mondo circostante, che stanno sperimentando una forma di solitudine, di esplorazione anche, checché ne dicano i grandi, soprattutto i loro genitori. C’è, ad esempio, la piccola del primo racconto che, in una giornata al mare, si ritrova testimone della solitudine e delle nostalgie del padre, alle prese con una ex ragazza senza cuore, in ghingheri anche in spiaggia e distratta da fusti ormai in pensione. C’è Achille, un bambino dall’intelligenza emotiva considerevole, che soffre per il fatto che, sulla battigia, un altro bambino si diverte a torturare pesci e stelle marine. E c’è la voce di una madre che parla direttamente a suo figlio, fuori dalla scuola, mentre lo lascia andare, assecondando il desiderio di lui di non farsi vedere accompagnato. E mentre il bimbo procede verso il cancello della scuola

torneremmo volentieri indietro, a casa, o faremmo dietrofront, sempre sospinti dallo stesso vento come un’enorme mano sulla schiena, e ci infileremmo nel bar a bere cioccolata calda, come se fosse un giorno di feste o anche solo già pomeriggio, e invece no, eccola là la scuola che ci aspetta,
con il suo portone che sembra una bocca spalancata

la madre apre una riflessione sull’essere genitore e sulla necessità di tenere a freno quell’amore sconfinato che sente e che potrebbe tramutarsi, senza volerlo, in una trappola. Indimenticabile è Nina, la protagonista della novella che chiude la raccolta e che le dà il titolo. Il suo nome, stringato, rievoca una celebre canzone di De André: il suo spavento, la sua sensibilità, impenetrabile e preclusa anche ai genitori, ne fanno un personaggio risolutivo, quasi che tenga insieme le fila di tutte le storie. Quasi che l’angoscia segreta di Nina sia quella di tutti gli altri. Una solidarietà tra piccini, accomunati da stati d’animo inaccessibili. La distanza che separa i piccoli dai grandi è un’isola dalla quale i primi osservano i secondi, temendone il giudizio. I piccoli si scherniscono o diventano aggressivi, aspettano un gesto, spesso di rassicurazione. Sono tanti gli atteggiamenti giudicanti degli adulti in questo libro, troppi, quando, al contrario, basterebbe l’amore per fare dei loro figli adulti fieri, capaci di affrontare la sfida di esistere, di stare al mondo. La novella è interessante anche perché contiene un omaggio a Claudio Lolli e alla sua Ho visto anche degli zingari felici e a Pier Paolo Pasolini. Sorprende come l’autrice sia riuscita a tessere insieme, in una trama essenziale, l’esperienza di Nina e riferimenti alla canzone d’autore e al poeta, scrittore nazionale, vituperato, massacrato a morte e tuttora senza giustizia. Lo stato di incomunicabilità in cui naufraga Nina è la riprova dell’estrema relatività di certe convinzioni, come quella che i bambini esagerano e che prima o poi verranno fuori dal loro bozzolo di domande emergenti, di reazioni non filtrate. La voce narrante eleva un pensiero di Nina a spunto di riflessione, una chiave di lettura per l’intero testo:

Se il mondo è diverso, anche solo un po’, secondo chi lo guarda, allora è impossibile capirsi.

 Lo sguardo della scrittrice è benevolo, accogliente. Il merito della Masini come narratrice sta nel rappresentare l’infanzia nella sua sconfinatezza, nelle intuizioni scevre da condizionamenti, nelle paure cosmiche, esagerate, verissime. Immedesimarsi e rievocare, dunque, schierandosi dalla parte dei protagonisti, con la consapevolezza di quel che sentono, con la memoria di chi è stata bambina e per fortuna, o per sfortuna, non l’ha dimenticato. Tanti bambini quanti sono i ricordi, le esperienze che ondeggiano nell’inconscio. Fare delle ossessioni, delle paure, di quel che ci colpisce materia letteraria e donarla agli altri. Poteva rivelarsi una ricerca a perdere, fallace, sentimentale. E invece il lettore si ritrova in racconti distinti. Le parole della Masini sono corpose ed evanescenti insieme, proiettate più verso l’io che verso l’azione. Non è una scrittura spoglia, al contrario è lirica, assestata alla perfezione, rigo dopo rigo, melodiosa nel suo riserbo. Questa padronanza del mezzo espressivo è il composto di racconti verbosi, spesso sfaccettati, che non si ergono sulla sottrazione, sul minimalismo, ma sul ragionamento. Si scandaglia, si va a fondo, si zooma su facce, espressioni del viso, modi di fare, di toccarsi i capelli, di impostare la voce. Ogni atteggiamento racchiude un destino, ogni sostantivo o verbo dipana matasse emotive, come se solo il raccontare potesse fare luce sulle fragilità e sui punti di forza di ogni personaggio. Una chicca.

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