La Nuova Frontiera porta in libreria Questa volta sarà diverso, di Marta Jiménez Serrano, tradotto da Serena Bianchi. Con eleganza e sensibilità, Marta Jiménez Serrano disegna una mappa dell’intimità che attraversa la grande città e i suoi spazi affollati di solitudini, componendo un ritratto corale delle relazioni contemporanee.
Una geografia emotiva fatta di dettagli, ironia, slanci e fratture, che restituisce con grazia e intelligenza la complessità della vita a due.
Cattedrale vi propone uno dei racconti contenuti nella raccolta, per gentile concessione dell’editore.
Meno male che c’è Leonor
di Marta Jiménez Serrano
Pablo è l’ex compagno della mia compagna Patricia, e io, da buon compagno attuale, ho sempre odiato Pablo, fino a quando ho, più o meno, smesso di odiarlo, sebbene non abbia mai smesso del tutto. All’inizio l’odiavo a ragione, con buon fondamento direi, un fondamento non totalmente scevro dell’irrazionalità che caratterizza la gelosia. Poi l’ho odiato per inerzia, perché non conosco altro modo di comportarmi nei confronti dell’ex della mia compagna. Ovviamente, nella fase finale del processo, fingevo di odiarlo per lei. Pati diceva: è che Pablo non mi capiva quando volevo studiare interpretariato, e io replicavo: certo che era davvero poco comprensivo Pablo, tu devi inseguire i tuoi sogni, amore mio. Lei diceva anche: è che Pablo deve sempre decidere dove vederci e ogni cosa va fatta a modo suo, al che io replicavo: Pablo è decisamente troppo rigido. Lei argomentava perfino che Pablo era invadente, pesante, egoista e poco perspicace, e io, altrimenti non ti si sarebbe fatto scappare, amore mio.
In questo odio per Pablo tra noi si creava un’intesa, sebbene loro due, di tanto in tanto, si vedessero per un caffè. Quando Pati tornava, scambiavamo quattro chiacchiere, io chiedevo com’è andata e lei diceva be’, Pablo, lo conosci, e io dicevo sì, ma tutto bene? e lei sì, sebbene si sforzi di fare così e cosà io credo che sia ancora amareggiato. E allora io lo difendevo, devi capirlo, amore mio, è normale che sia amareggiato e, prendendo le difese del vile ex, mi sentivo la persona migliore del mondo, un modello, il brav’uomo di cui le generazioni future avrebbero dovuto seguire l’esempio.
A quel punto è arrivata Leonor.
Pablo ha smesso di essere amareggiato e lui e Pati hanno preso ad andare davvero d’accordo. Io mi accertavo che non andassero troppo d’accordo – gli avverbi sono di suprema importanza – e Pati mi assicurava di no, mi diceva no, sciocco, ma se adesso ha una compagna! Lo diceva mentre si toglieva la camicia e il reggiseno per mettersi il pigiama, perciò io rimanevo imbambolato di fronte ai seni perfetti di Pati, e mi dimenticavo di Pablo.
Neanche tre settimane dopo aver saputo che Pablo era felice con la sua nuova compagna, e dal momento che io ero felice con la sua compagna precedente, sono stato invitato a una moderna cena a quattro, un doppio appuntamento in cui ci saremmo comportati dagli adulti moderni e di aperte vedute che, ovviamente, siamo. Di certo la presenza di Leonor rendeva tutto più leggero. Un trio sarebbe stato strano, ma questa nuova situazione semplificava di molto le cose. Due coppie che vanno a cena fuori. Perché no? Pati si è truccata gli occhi in modo piuttosto pesante, si è messa un maglione lilla comodo e mi ha detto hanno prenotato loro, credo che andremo al peruviano, e io ho risposto ottimo, mentre stiravo la mia camicia a quadri di fronte allo specchio della camera da letto, una stiratura dell’ultimo minuto, e poi ho precisato che non avrei potuto fare troppo tardi perché il giorno seguente dovevo mandare in stampa un libro e lei ha commentato, dai, non è mica un intervento a cuore aperto. Non ho aggiunto altro e sono andato al doppio appuntamento come se stessimo andando a cena con un cugino, il fratello o con qualche suo compagno di università, anche se devo ammettere che un brusio di fondo – simile al rumore della lavatrice, del condizionatore o della caldaia quando è in azione – si insinuava nella mia testa, a rammentarmi che era pur sempre il suo ex compagno. Io rispondevo a quell’incessante brusio di fondo che era per l’appunto il suo ex, maiuscolo, EX, viene dal latino e significa “che è stato ma ora non più”, lo informavo didascalico. Allora il rumore impertinente mi diceva sì, non c’è dubbio, lui però l’ha portata in vacanza a Sifno e va’ a sapere cosa le farebbe che tu non le fai, cosa le direbbe che tu non le dici, e io mi sono schiarito la gola, ho bloccato di colpo la lavatrice a metà del programma di lavaggio e vedendoli sulla porta del ristorante che si salutavano ho pensato: meno male che c’è Leonor. Erano lì, una coppia che aspetta un’altra coppia sulla porta di un ristorante. Leonor che faceva in modo che Pablo non venisse associato a Pati, Leonor che arrivava e rendeva possibile quella cena, durante la quale, stando a quanto diceva Pati, io non avrei dovuto fare niente, niente, sciocchino, lasciati andare, lascia che le cose seguano il loro corso. Peccato che io non sono capace di lasciare che qualcosa segua il proprio corso, e questo Pati lo sapeva, anche se sembrava non dargli peso.
Ho salutato Pablo con una stretta di mano e un tiepido sorriso e mentre davo due baci a Leonor, guardavo con la coda dell’occhio il modo in cui Pablo salutava Patricia, dicendomi sei un cretino, sei un vero cretino, cosa vuoi che facciano, che si bacino appassionatamente lì? Quelle sono cose che eventualmente fanno quando si vedono di nascosto, no? Patricia è più furba di così. Ma subito mi sono detto dio santo, non si vedono di nascosto e non fanno un bel niente, Patricia è anche più buona di così, e poi questo qui lasciava i piatti fuori dal lavello senza dargli neanche una sciacquata e in!ne non ho potuto non pensare che anch’io dovevo iniziare a lavare i piatti più spesso.
Abbiamo ordinato quattro pisco sour e un antipasto ciascuno da mettere al centro, io ho preso il ceviche, gli altri non ricordo, ero troppo concentrato a fare il disinvolto per prestare attenzione a cosa avremmo mangiato a cena.
Terminati gli antipasti, Pablo mi ha chiesto, quindi tu fai l’editor?, e io l’ho preso come un insulto, editor e non ingegnere, ho pensato, editor e non multimilionario, ma prima che potessi dire qualsiasi cosa Leonor ha esclamato editor, interessante! E io ho pensato: meno male che c’è Leonor.
Meno male che c’era Leonor, quando Pati ha menzionato l’appartamento mansardato che aveva condiviso con Pablo e Leonor ha commentato che detestava le mansarde. Meno male che c’era Leonor quando il cameriere si è rivolto a me e Pati come a una coppia e Leonor rendeva chiaro che noi (da questo lato del tavolo) eravamo una coppia e loro (dall’altro lato del tavolo) ne erano un’altra ben distinta. Meno male, soprattutto, che c’era Leonor quando Pablo ha proposto di fare un altro giro e lei ha detto che si sentiva stanca, era meglio chiuderla lì, non sarebbe mancata occasione per rivederci. Io ne ho approfittato e ho detto che ero d’accordo, visto che il giorno dopo avrei dovuto mandare in stampa un libro di Simon Critchley ed ero un po’ in ansia, e a quel punto, per accomiatarci, abbiamo ripetuto la coreografia dei baci incrociati. Mentre Pati e Pablo si abbracciavano, Leonor mi ha dato due baci e mi ha chiesto Critchley? Ho adorato A cosa pensiamo quando pensiamo al calcio, e allora io, per la prima volta in tutta la serata, ho guardato davvero Leonor. Aveva lisci capelli castani, un maglione nero a collo alto e dei cerchietti dorati alle orecchie. Sorrideva il giusto, né troppo né poco. E conosceva Simon Critchley, a quanto pareva. Le ho detto che il libro era sulla tragedia greca e lei ha commentato: interessante e io le ho chiesto: davvero ti interessa? E lei ha risposto: certo, e così l’ho invitata alla presentazione che, salvo imprevisti, si sarebbe tenuta alla Fundación Telefónica di lì a un mese.
Quella sera, mentre mi mettevo a letto, ho tirato un sospiro di sollievo. Sentivo che non avevo più motivo di rivedere Pablo, avevo superato lo scoglio. Mi sono girato, ho abbracciato da dietro il morbido pigiama di Pati e ho chiuso gli occhi sereno pensando meno male che è arrivata Leonor!
Meno male che era arrivata Leonor: era quasi identica alla volta precedente. Maglione a collo alto grigio, cerchietti dorati, capelli lisci sciolti. Aspettava rispettosamente in un angolo che avessi terminato di salutare, di presentare l’autore ad alcune persone e di ringraziare il personale della Fundación Telefónica. Volevo soltanto ringraziarti per l’invito, mi ha detto. Lo hai trovato interessante?, le ho chiesto io. Molto, l’aveva trovato molto interessante. Le ho presentato velocemente Critchley, che doveva tornare in hotel perché aveva un volo l’indomani mattina presto, e l’ho invitata a unirsi al resto della casa editrice per una birra, più per formalità che per confidenza, convinto che avrebbe rifiutato. Di sicuro Pablo l’aspettava a casa, con i piatti ancora sporchi nel lavello, ma ai fornelli che preparava qualcosa di thai o di vietnamita, perché Pablo era un disastro, ma cucinava molto bene. Leonor, invece, ha detto d’accordo.
Siamo andati a piedi a La Realidad, abbiamo ordinato una birra al bancone e commentato un po’ la presentazione. Leonor ne sapeva abbastanza di letteratura e si inseriva bene, chiacchierava con Rubén e Bea, interveniva senza essere inopportuna, mi sorrideva dall’altro lato delle birre e non so in quale momento mi sono sorpreso a pensare che invece, al suo posto, Pati sarebbe stata un po’ invadente, un po’ protagonista anche quando non era il caso, un po’ criticona. Intelligente e simpatica sì, ma un po’ troppo. Mi sono sentito così in colpa per il paragone che ho ordinato un’altra birra, proprio nel momento in cui Rubén ha annunciato che se ne andava. Ho guardato gli altri e Leonor ha detto io un’altra la bevo, se vi va, e allora Bea ha detto anch’io, e io ho tirato un sospiro di sollievo, pensando meno male che c’è Beatriz!
Non è stata un’altra, sono state diverse altre birre e intorno all’una di notte ho ricevuto su Whatsapp un messaggio di Pati, ancora non torni?, e io ho risposto laconico che stavamo bevendo una cosa, e il fatto che dietro quella prima persona plurale fossimo in tre mi faceva sentire così sollevato che mi sono sentito in colpa per il sollievo. Poi Beatriz ha chiesto a Leonor che programmi avesse per la Settimana Santa. Lei ha detto non lo so, magari vado da qualche amico, oppure me ne resto a casa da sola, e allora mi sono reso conto che era tutta a sera che Leonor si comportava da single. Se non avessi saputo che aveva un compagno, avrei dedotto che non ce l’aveva. In tutta la serata non lo aveva nominato neanche mezza volta. Una tassativa prima persona singolare in ognuno dei suoi commenti. Una disponibilità rilassata, tipica di chi non ha alcun impegno, né ansia di averlo. Un martedì, all’una di notte, in un locale. Quando Beatriz è andata via e sono rimasto solo con Leonor, ho pensato di domandarle di Pablo.
Magari ci fosse stato Pablo!
Forse le andava di cambiare locale, le ho proposto, di passare al gin tonic, Pati prendeva sempre gin tonic con petali di rosa e bacche di ginepro e conoscevo un posto lì vicino. Leonor ha risposto per me una Mahou e sto, mentre staccava l’etichetta dalla bottiglia – era nervosa? –, e io sentivo che con Leonor tutto era deliziosamente semplice. Pati mi ha scritto, vado a letto, io ho chiesto a Leonor come stava Pablo e lei, sorridendo, mi ha detto che non lo sapeva, che non avevano mai fatto sul serio, e che dopo quella sera al peruviano non si erano più visti.
Come mai? Ho chiesto spaesato, eppure il ceviche era buono, la conversazione piacevole. Lei ha riso di nuovo. Perché l’aveva portata a quella cena solo per provocare Patricia, ha detto. E Leonor era tante cose – ha detto proprio così: io posso essere tante cose – ma un pretesto no. Un pretesto mai nella vita. E ha sorriso di nuovo, quel sorriso che è né sì né no, si è sistemata i capelli dietro l’orecchio destro e il cerchietto dorato ha scintillato, quanto era semplice, quanto era intelligente, quanto era bella – perché non ammetterlo? – quanto era bella. E mentre spegnevo il cellulare e ordinavo le ultime due birre, appoggiato al bancone, aspettando che tornasse dal bagno, pensavo che orrore, che sfortuna, che disastro, che congiuntura sfavorevole, che peccato. Che guaio che c’è Leonor!