Come ogni primavera, Cattedrale dedica una sezione all’interno della rubrica Racconti d’autore che intende riportare l’attenzione dei lettori su libri non proprio freschi di pubblicazione, riproponendo racconti di raccolte ormai sul mercato da qualche tempo. SULLO SCAFFALE è la sezione in cui troverete proposte non recenti, per permettere ai lettori di stare al passo con le numerose uscite e, soprattutto, per permettere ai libri di godere del loro tempo: lento, attento, riflettuto - lontano dalle dinamiche isteriche e istantanee del mercato.
Oggi, vi proponiamo il racconto L’AMORE, di Ralph Waldon Emerson, contenuto nella raccolta L’anima suprema L’amore L’amicizia La politica, pubblicata da Ortica Editrice nel 2012.
Buone letture!
L’AMORE
di Ralph Waldon Emerson
«ero come una gemma nascosta il mio raggio luminoso mi rivelò».
(Corano)
Ogni promessa dell’anima ha innumerevoli adempimenti, ciascuna delle sue gioie si snatura in un nuovo bisogno. La natura irrefrenabile, sgorgante, previdente, nel primo sentimento di gentilezza, anticipa già una benevolenza che perderà ogni particolare riguardo nella sua luce generale. L’iniziarsi a questa felicità, in un’intima e tenera relazione fra due esseri umani, è l’incanto della vita. Una certa esaltazione divina s’impossessa dell’uomo e compie una rivoluzione in tutto l’essere suo: lo unisce alla propria razza, lo impegna nelle relazioni domestiche e civili, risveglia il potere della fantasia e dei sensi, aggiunge al suo carattere attributi sacri ed eroici, stabilisce il matrimonio e conferisce stabilità all’umano consorzio. L’associazione naturale dell’amore con la impetuosità del sangue, per ritrarsi a tinte vivide, richiede che non si debba essere troppo vecchi.
Le deliziose fantasie della giovinezza ripudiano il menomo senso di una matura filosofia, che gela la loro freschezza con l’età e il pedantismo. So tuttavia d’incorrere nell’accusa d’inutile durezza e stoicismo, che mi verrà inflitta da coloro che compongono la Corte ed il Parlamento dell’Amore. Ma da questi formidabili censori io farò appello ai miei maggiori. Poiché occorre considerare che questa passione, di cui parliamo, quantunque cominci in gioventù, non abbandona la vecchiaia, o piuttosto non tollera che alcun suo sincero devoto invecchi affatto, ma ne fa partecipe tutti, in ogni età, quantunque in modo diverso se pur sempre nobile ed elevato...
Poiché l’amore è un fuoco che suscita le sue prime scintille nel ristretto cantuccio di un singolo petto, fuoco appiccato da una vagante scintilla, sorta in un altro singolo cuore e che si ravviva, brilla e si diffonde, finché non riscaldi ed illumini moltitudini di uomini e di donne, e fin nel cuore universale, per poi accendere il mondo intero con le sue fiamme purificatrici!
Non importa quindi se noi tentiamo di descrivere la passione in un uomo di venti, di trenta o di ottant’anni. Colui che lo descrive ai primordi o al tramonto, perderà qualcuno dei suoi ultimi tratti, nel primo caso, e di quelli iniziali nel secondo. Ma la prima condizione è che dobbiamo abbandonare un’analisi troppo minuta dei fatti, e studiare il sentimento quale ci appare nella speranza e non nella storia. Poiché noi non vediamo mai la nostra vita qual è veramente, ma sempre travisata dalla immaginazione. Noi guardiamo oltre la nostra esperienza e vediamo delle macchie che la nostra deturpano, mentre la vita altrui ci appare bella ed ideale.
Chiunque ritorni col pensiero a quelle deliziose relazioni che costituiscono la bellezza della vita, e procurano la cultura ed il nutrimento dello spirito, ne rabbrividisce e se ne lamenta! Ahimè! non so perché; ma l’infinito pentimento amareggia, nella età matura, la rimembranza della gioia primiera, ed oscura ogni nome amato. Tutto ciò che si vede dal punto di vista dello spirito ci appare bellissimo, ma diviene amaro se veduto attraverso la nostra esperienza...
L’insieme è degno, nobile, ma i particolari sono tristi!...
Nel regno doloroso di tempo e di spazio nel mondo presente, sonvi gli affanni, le ansietà e la paura. Solo il pensiero, con l’ideale, è l’immortale letizia, la rosa incantevole della gioia purissima.Intorno a questo tutto canta e risplende...
Il dolore si attacca ai nomi, alle persone, ai parziali interessi dell’oggi e del domani...
La forte ed istintiva tendenza verso tutto ciò che riguarda l’amore, è dimostrato dall’interesse che tale argomento usurpa nella conversazione in società. Che cosa desideriamo sapere di qualsiasi persona notevole, se non la storia del modo come abbia vissuto, e del come si sia manifestato in rapporto a questo sentimento?
Quali libri sono più richiesti nelle biblioteche circolanti?
Come appassiona la lettura dei romanzi di amore, se scritti col calore della vita e del vero! E quanto attira ed interessa ogni moto o sguardo che tradisca l’affetto fra due persone!
Forse non li vedemmo mai prima, né li rivedremo mai più; ma li sorprendemmo scambiare un sorriso, tradire un’intensa emozione, e dopo ciò non fummo più estranei!
Il loro romanzo ci appassiona e ne seguiamo lo sviluppo, con interesse. Questo spiega come tutto l’uman genere ama sempre un innamorato. Le prime dimostrazioni di compiacenza e di bontà sono i più affascinanti quadri della natura. È l’alba della civiltà, è la grazia anche nei rudi e nei rustici...
Qui è stato riferito che in qualche pubblico discorso io mi sia mostrato freddo e quasi avverso alle relazioni affettuose, ma io rabbrividisco pensando a tale rimprovero. Perché le persone sono il mondo dell’amore, ed il filosofo più glaciale non può tacere del debito che l’anima giovanile ha naturalmente al potere dell’amore, come pure deve ritrattare, quale tradimento alla vita, qualsiasi parola che abbia potuto menomamente travisare il suo rispetto ed interesse a quei nobili istinti umani. E quantunque il celeste rapimento che ci toglie a noi stessi sia un incanto che sfugge ad ogni analisi o paragone, ed invade soltanto la gioventù, pure la rimembranza di quelle emozioni sopravvive ad ogni altro ricordo, ed è un serto di fiori sulle fronti più rugose.
Ma sia la nostra particolare esperienza quella che possa essere, nessuno dimentica la comparsa di quel potere nel cuore e nella mente, perché esso rinnovella tutto; esso è nell’uomo l’alba della musica, della poesia, dell’arte, che rende l’universo radioso di luce nuova, il mattino e la notte pieni di sovrano incanto! allora un solo tono può far balzare il cuore e la menoma circostanza, associata ad un aspetto caro, si custodisce come un ricordo prezioso nella memoria! In quei casi, l’uomo diviene tutt’occhi se una sola, fra tante, gli è presente e tutto ricorda, se essa è assente; il giovine diviene guardiano di una finestra, studioso di un guanto, di un velo, di un nastro o delle ruote di una vettura! Nessun luogo è troppo isolato o silenzioso, per chi ha nei propri pensieri la più dolce compagnia, e la conversazione più ricca. Qualunque vecchio amico, fosse pure il migliore e il più puro, non vale per lui l’intima astrazione che lo fa vivere nel ricordo dell’amata! Poiché la figura, le movenze, le parole di costei, non sono come le altre immagini, scritte nell’acqua, ma, come disse Platone, smaltate nel fuoco, e costituiscono lo stadio della mezzanotte:
Tu lontano non sei benché partito, Qualunque piaggia sia che t’ha ricetto: L’occhio vigil vi lasci ed acuito, E il cor ricolmo di potente affetto!
Nel meriggio e nella sera della vita, il nostro cuore balza ancora al ricordo dei giorni quando la felicità non era abbastanza felice, perché turbata dal dolore e dal timore. Ben toccò il segreto dell’argomento chi disse dell’amore:
Nessun altro piacer vale da senno Il dolor che ci costa!
E quando il giorno non era lungo abbastanza, la notte pure doveva passarsi negli acuti ricordi, mentre la testa ardeva sul guanciale e meditava gli atti generosi che si ambiva di compiere, e la luna era una febbre piacevole, e le stelle lettere, ed i fiori cifre, e l’aria si effondeva in un canto dolcissimo...
Allora ogni affare sembrava una profanazione e la gente che andava per le vie appariva come vana immagine, perché la passione ricostruisce il mondo per la gioventù. Rende tutte le cose vive, calde, suggestive, e la vita si sente nella piena coscienza di ogni suo potere. Le altezze spirituali, raggiunte, fanno scoprire le proprie percezioni artistiche ed amare la poesia e la musica.
È stato osservato come, ispirandosi alla passione, gli uomini abbiano scritto versi che non avrebbero saputo scrivere in altro momento della loro vita. Chi ama, diviene un uomo nuovo, con percezioni e scopi nuovi, ed un’intensa, religiosa solennità di carattere e di fini. Non si appartiene più alla famiglia ed alla società, si è qualche cosa, un individuo, un’anima.
E qui esaminiamo un po’ più da vicino quale specie d’influenza sia tanto possente sul giovine.
La rivelazione all’uomo della Bellezza che noi ora celebriamo, ben accetta come il sole, ovunque si compiaccia di splendere, che tutti incanta, sembra bastare a se stessa. L’innamorato non può rappresentare alla propria fantasia la sua fanciulla povera e solitaria. Come un albero in fiore, tanta grazia in germe, tanta soavità, scopre al suo sguardo, perché la Bellezza fu dipinta con la scorta degli Amori e delle Grazie. La sua esistenza rende bello il mondo. Quantunque escluda dal suo pensiero altra persona, come insignificante o indegna, essa lo compensa ad usura col trasportare il suo essere in qualcosa d’impersonale, di grandioso, di mondiale, sicché la fanciulla rappresenta in sé ogni virtù ed ogni cosa eletta. Per questa ragione, l’innamorato giammai vede somiglianze personali tra l’amata e chiunque della sua famiglia od altri. I suoi amici trovano che essa ricorda la madre, le sorelle, o persone estranee. Egli non scorge confronto fra lei ed altro, se non le sere d’estate, le limpide mattine, l’iride ed il canto degli uccelli.
Gli antichi chiamavano la Bellezza il fiorire della virtù.
Chi può analizzare l’indefinibile incanto che si effonde da uno o da altro viso? Noi siamo commossi, inteneriti, compiaciuti, ma non possiamo definire a che cosa tendono queste raffinate emozioni. Tentare di organizzarle, equivarrebbe a distruggerle con la fantasia. Né accennano a relazioni di amicizia o d’amore conosciuto o descritto dai più, ma mi sembra invece ad una affatto diversa ed inarrivabile sfera, a relazioni trascendenti di dolce delicatezza, a quanto possono suggerire le rose e le violette. Noi non possiamo avvicinare la Bellezza. Il suo carattere è opalino ed evanescente, morbido e cangiante, come le piume del collo d’una colomba. In ciò somiglia alle cose più eccellenti che hanno tutte quante carattere iridescente, il quale sfida ogni tentativo di appropriazione o di uso. Che altro volle significare Jean Paul Richter dicendo alla Musica:
«Via! via! tu mi parli di cose che in tutta la vita io non ho trovato, né troverò mai!»
La stessa fluidità può osservarsi in ogni opera d’arte plastica. La statua è bella quando comincia ad essere incomprensibile, quando sorpassa ogni critica e non può più essere definita dal compasso o dalla riga, ma richiede una fantasia attiva per seguirla e dire che cosa è o intende essere. Il Dio o l’Eroe dello scultore è sempre rappresentato in una forma transitoria da ciò che è rappresentabile ai sensi, a ciò che non lo è. Allora soltanto cessa di essere una pietra. Lo stesso può applicarsi alla pittura.
Né la poesia raggiunse un completo successo, calmandoci ed appagandoci, bensì quando ci stupisce e ci infiamma con nuove aspirazioni verso l’irraggiungibile. A questo proposito Landor chiede «se non debba riferirsi a qualche stato di sensazioni ed esistenza più puri».
Ugualmente la bellezza personale è dapprima incantevole in se stessa, quando ci scontenta in ogni fine; quando diviene una storia interminabile, quando suggerisce raggi e visioni, e non soddisfazioni terrene; quando fa sentire la propria indegnità a chi la contempla, anche se egli fosse Cesare, nel niun suo diritto di conquistarla, giacché non può sentire alcun diritto al firmamento o agli splendori di un tramonto.
Da ciò sorse il detto: «Se io vi amo, che cosa può ciò fare a voi?» — Diciamo così perché sentiamo che quando amiamo non è nel vostro volere, ma al di sopra di esso. Non siete voi, ma la radiosità vostra. È ciò che non conoscete in voi stessi e che mai potrete conoscere.
Questo si accorda bene con quell’alta filosofia della Bellezza che incantava gli antichi scrittori.
Questi dicevano che l’anima dell’uomo, incorporata quaggiù, vagava in cerca di quell’altro suo mondo, dal quale aveva trasmigrato, ma ben presto, abbagliata dalla luce del sole, diveniva incapace di scorgere altri oggetti se non quelli di questo mondo, che sono soltanto le ombre del vero.
Quindi la Divinità manda la gloria della giovinezza innanzi l’anima, affinché possa avvalersi della Bellezza come di aiuto ai ricordi che serba dei buoni e vaghi esseri celesti.
E l’uomo, scorgendone uno nella donna, corre a lei e trova il più alto godimento contemplando le forme, i movimenti e l’intelligenza di questa creatura, perché gli suggerisce la presenza di quanto è difatti nella Bellezza ed è sua cagione. Ma se quest’uomo fosse volgare e trasportasse le sue soddisfazioni solo al corpo, raccoglierebbe soltanto dolori e delusioni, non potendo il corpo appagare le promesse con cui la Bellezza ci seduce.
Ma se accettando il potere che le visioni e le suggestioni della Bellezza esercitano sulla mente, l’anima sorpassa il corpo e si abbandona ad ammirare tratti di carattere, allora gli amanti si contemplano nei loro discorsi, raggiungendo il vero fine della Bellezza.
Ed il loro amore se ne infiamma e se ne esalta sempre più, estinguendo ogni basso sentire, e come il sole sostituisce il fuoco, ne divengono più puri e consacrati. Conversando con quanto è in se medesimo di eccellente, di magnanimo, di umile e di giusto, l’amante si eleva ad un più caloroso affetto di tali nobiltà ed a una percezione più immediata di esse. Allora egli assurge, e dall’amarle in una persona, passa ad amarle in tutte, sicché l’unica, bellissima anima è soltanto la porta attraverso la quale egli entra nella società di tutte le anime belle e sincere.
Nell’intima compagnia della sua diletta, scorge più chiaramente qualsiasi macchia che possa offuscarne la bellezza, ed è con gioia scambievole, senza offesa, che possono aiutarsi, confortarsi, studiarsi, e correggersi di ogni difetto o imperfezione.
E contemplando in molte anime i tratti della bellezza celeste, separando in ciascuna quanto è in essa di divino, dalla macchia contratta nel mondo, l’innamorato ascende alla più alta Bellezza, all’amore e alla conoscenza della Divinità, superando i gradini di questa scala di anime create.
In ogni epoca, i veri savii ci hanno detto dell’amore qualcosa di simile. La dottrina non è vecchia, né nuova. Se Platone, Plutarco ed Apuleio l’hanno insegnata, ugualmente fecero Petrarca, Michelangelo e Milton.
Questa dottrina però aspetta un più sincero svolgimento, per opporsi a rigettare quella subdola prudenza che presiede ai matrimoni con parole prese nel mondo superiore, mentre un occhio penetra nella dispensa e la mente calcola i più materiali interessi.
Peggio ancora quando questo sensualismo s’infiltra nella educazione delle fanciulle, e sfiora la speranza e l’affetto naturale, insegnando loro che il matrimonio null’altro significhi, se non l’economia domestica, unico scopo della vita femminile!
Ma quel sogno d’amore, per quanto bellissimo, è soltanto una scena della nostra commedia.
Nel procedere dell’anima all’esterno, essa espande i suoi circoli, come fa la pietruzza gittata nel pozzo o la luce proiettata da una sfera. I raggi dell’anima si posano prima sulle cose più prossime, sul circolo delle persone e conoscenze familiari, sulla politica, sulla geografia e sulla storia. Ma le cose si raggruppano sempre seguendo leggi interiori più elevate.
Il vicinato, la grandezza, i numeri, le abitudini, le persone, perdono gradualmente il loro potere su di noi.
La causa e l’effetto, le affinità reali, il desiderio di armonia e le circostanze, l’istinto progressivo dell’ideale, predominano più tardi, ed il passo indietro, dalle più alte alle più basse relazioni, è impossibile. Quindi, anche l’amore, che è la deificazione delle persone, deve divenire più impersonale delle persone, deve divenire più impersonale ogni giorno. Ma di ciò dapprima non dà segno alcuno. Poco pensano il giovane e la fanciulla che si guardano attraverso le sale affollate, con occhi sì pieni di mutuo intendimento, come, lungo tempo dopo, da questo nuovo stimolo esterno, procederanno frutti preziosi. L’opera della vegetazione, principia dapprima dall’irritabilità della corteccia e dalle foglie in gemme. Dallo scambio di sguardi, passano ad atti cortesi, alla galanteria, poi alla fiera passione, allo scambio di promessa solenne, al matrimonio. L’amore contempla ultimata l’opera sua: l’anima è interamente incorporata, ed il corpo è completamente animato. «Il suo sangue puro ed eloquente, parlò nel suo viso, e sì distintamente ne rivelò il sentire, che si poteva quasi credere che il suo corpo pensasse».
Romeo, se morto, dovrebbe essere tagliuzzato in tante piccole stelle per rendere bello il cielo. La vita per questa coppia non ha altro scopo, Romeo null’altro chiede se non Giulietta. La notte, il giorno, gli studii, i talenti, i regni, la religione, tutto è contenuto in questa forma piena d’anima, in quest’anima che è tutta forma. Gli innamorati si deliziano in care parole, in declinazioni di amore, in paragoni scambievoli. Quando sono soli, si ricreano ricordando l’uno l’immagine dell’altro.
Vede egli la stessa stella, la stessa nube che si dilegua, legge lo stesso libro, sente la medesima emozione, che ora mi incanta? Essi provano e pensano il loro affetto, e, aggiungendo costosi vantaggi, amicizie, opportunità, proprietà, si esaltano scoprendo che volentieri, con gioia, darebbero tutto per la bellissima testa, di cui non un capello dovrà torcersi.
Eppure il destino del genere umano è in questi fanciulli. Ma il pericolo, il dolore, come fa con tutti, li visita pure. L’amore prega. Esso viene a patti con l’Eterno potere, in favore dei giovani.
L’unione che aggiunge nuovo valore ad ogni atomo, trasforma ogni filo attraverso l’intera rete delle loro relazioni, in raggi d’oro. Essa immerge l’anima in un nuovo, dolcissimo elemento, che è pure uno stato temporaneo. Non sempre i fiori, le stelle, la poesia, le proteste affettuose, neanche il sentirsi padroni assoluti di un cuore, può soddisfare la tremenda anima racchiusa nella creta! Essa si strappa a queste delizie, perché aspira a scopi più vasti, universali. L’anima che è nell’anima di ciascuno, aspirando ad una perfetta felicità, scopre dei difetti, delle incoerenze e delle sproporzioni reciprocamente l’uno nella condotta dell’altro.
Da ciò sorgono sorpresa, recriminazioni, e dolore. Eppure, quanto li attirò reciprocamente, furono segni di bellezza, di virtù, e queste doti sono lì ancora, per quanto eclissate. Esse compaiono e scompaiono e continuano ad attirare; ma lo sguardo muta, lascia il segno, e si attacca alla sostanza. Questa è una riparazione all’oggetto offeso. Intanto, come la vita si consuma, essa si dimostra un giuoco di cambiamenti, di combinazioni, di ogni possibile trasformazione dei compagni che impiegano tutte le loro risorse per rivelarsi scambievolmente la forza e la debolezza di ciascuno. Poiché la natura ed il fine di questa relazione è di rappresentare la razza umana a ciascuno.
Tutto ciò che è nel mondo, che si conosce o dovrebbe conoscersi, è stranamente lavorato nel tessuto dell’uomo e della donna. «La persona che ci è data per amore, come la mamma, ha il gusto di tutto in sé».
Il mondo si svolge; le circostanze variano ad ogni ora. Gli angeli che abitano in questo tempio del corpo compaiono alle finestre e con essi anche gli gnomi ed i vizii.
Essi sono uniti da tutte le verità. Se vi è la virtù, tutti i vizii sono riconosciuti come tali, si confessano e si fuggono. Il loro sguardo, sì ardente un giorno, è calmato dal tempo e, perdendo di violenza quanto guadagna di intensità, diviene un perfetto intendersi scambievole. Essi si rassegnano, senza dolersene, ai buoni uffizii che l’uomo e la donna sono designati a compiere nel tempo, e trasformano la passione, che un giorno non tollera di perdere di vista l’essere amato, in un disinvolto, gaio incoraggiamento degli scambievoli disegni.
Infine essi scoprono che tutto ciò che li attirò dapprima, quell’aspetto sacro, quel magico incanto era decisivo, aveva un fine prestabilito, come le fondamenta sulle quali la casa è costruita; essi intendono che la pacificazione dell’intelletto e del cuore, di anno in anno, è il vero matrimonio, preveduto, preparato fin da principio, ed interamente al di sopra della loro coscienza. Considerando questi fini con i quali due persone, un uomo ed una donna, così variamente e correlativamente dotati, sono chiusi in una casa per passare nella società matrimoniale quaranta o cinquanta anni, non mi stupisco dell’enfasi con la quale il cuore profetizza questa crisi dalla prima giovinezza, la profusione di bellezza di cui l’istinto adorna l’ambiente nuziale e i doni e le melodie con cui la natura, l’intelletto e l’arte, fanno a gara per colmare l’epitalamio.
Così siamo iniziati ad un amore che non conosce sesso, né parzialità, ma che ricerca ovunque la virtù e la sapienza al fine di accrescerle. Noi siamo naturalmente osservatori, e però studiosi.
Questo è il nostro stato permanente. Ma sovente siamo indotti a sentire che i nostri affetti sono soltanto le tendenze che ci daranno riparo una notte. Quantunque lentamente e con dolore, l’oggetto degli affetti muta, come quello dei pensieri.
Vi sono momenti nei quali l’amore governa ed assorbe l’uomo, e rende la sua felicità dipendente da una sola persona. Ma, risanata, la mente è presto novellamente chiara, la sua vòlta arcuata, splendente per miriadi d’immutabili luci; ed allora i calorosi amori e timori che ci invasero come nubi, debbono perdere il loro carattere finito e fondersi in Dio, per raggiungere ogni perfezione.
Noi non dobbiamo temere di perdere, in alcun modo, checchessia, col progresso dell’anima.
Possiamo fidare nell’anima fino all’ultimo. Tutto ciò che è bello ed attraente in queste relazioni deve essere seguìto e sostituito, soltanto e sempre, da quanto è ancora più bello ed elevato.