Il buio a luci accese, di David Hayden

Autore: David Hayden Titolo: Il buio a luci accese Editore: Safarà editore Traduzione: Riccardo Duranti pp. 200   Euro 16,50

Autore: David Hayden
Titolo: Il buio a luci accese
Editore: Safarà editore
Traduzione: Riccardo Duranti
pp. 200 Euro 16,50

di Marina Bisogno

Qualche settimana fa, durante una diretta Facebook, una scrittrice italiana condivideva con i lettori che non capire fino in fondo quel che uno scrittore mette nero su bianco è un falso problema. Se uno scrittore ricrea una lingua, uno stile, non è detto debba rispondere a tutti i costi al criterio della coerenza, della verosimiglianza, diceva la scrittrice. Questa riflessione mi è venuta in mente leggendo Il buio a luci accese, la raccolta di racconti di David Hayden, tradotta da Riccardo Duranti per Safarà Editore.
Hayden è irlandese di nascita, vive in Gran Bretagna, ha lavorato per librerie e case editrici, e ha abitato in diversi luoghi. I suoi venti racconti non hanno un tema comune, non sono concepiti come pezzi di un corpo unico, non si parlano se non per un aspetto: ogni volta l’autore se ne infischia di farsi comprendere, perché il suo obiettivo è stupire, a volte scioccare. Un lavoro del genere poteva nascere nella nostra lingua? Non saprei. In genere agli autori di racconti nostrani viene richiesta quanto meno una sistematicità tematica, di camuffare l’impianto complessivo dell’opera da romanzo. David Hayden è lontano da questo perimetro, la sua ricerca è stilistica, punto. In una intervista su The Irish Times afferma che se nel rileggere quello che scrive qualcosa gli risuona familiare, già sentito, cancella e riscrive. Gioca a riprodurre espressioni uniche, a descrivere gli oggetti come nessuno fa, ad alterare i punti di vista, a non servire al lettore l’emozione che si aspetterebbe in quel preciso istante. La composizione delle frasi e le descrizioni eccentriche sono la fissazione di questo scrittore che sta lavorando al suo primo romanzo. È come se il narratore si divertisse a stare qualche passo avanti, a mostrare al lettore dettagli sui quali senza una guida non si soffermerebbe e soprattutto a intrecciare nuove occasioni per esprimere la realtà. Per questi motivi un autore come Hayden non passa inosservato: egli onora il suo ruolo di rabdomante ed esploratore mettendosi continuamente alla prova. Scrivere, per lui, significa imbastire un combattimento con le parole a sua disposizione. Di tutte le soluzioni verbali praticabili, Hayden preferisce quella stramba, quella che risulti balzana, peculiare; si impegna affinché il suo marchio distintivo stia nella forma, mentre il contenuto trova senso e collocazione nell’architettura verbale.

 

Ne La casa dei ricordi la voce narrante si destreggia tra oggetti casalinghi e scherzi della mente per ricostruire certi  sentimenti appartenuti a un tempo passato.

 

La casa dei ricordi è nella mia mente. Oggi e ogni giorno. Ogni cosa è se stessa ed è un varco verso un altro oggetto o verso un evento temporale che è avvenuto o quasi avvenuto o non è mai avvenuto.
Io sono il piatto rotto sul pavimento della cucina.
Otto pezzi principali sono raggruppati sul linoleum ingiallito che è fresco sotto i miei piedi nudi.
Una quantità di frammenti più piccoli sono sparsi nell’ombra unta o si sono infilati sotto le zampe del tavolo
.
(da La casa dei ricordi).

È evidente la provocazione dello scrittore che sceglie di esprimersi con un linguaggio che destabilizza il lettore, a tratti lo confonde e non gli offre punti fermi. Avviene in tutti i racconti del libro, anche in Sortita, dove un uomo prima cancella i dati dal suo p.c. trasportandoli su una pennetta e poi sale su un cornicione attraverso una finestra del suo ufficio. In alto, con una buona dose di sarcasmo, osserva i suoi colleghi e quanti sotto di lui sono intenti a vivere. Vorrebbe raggiungere il suolo, ma il suolo pare allontanarsi e il tempo dilatarsi. In questo frangente, si lascia andare a riflessioni esistenziali.

 

La notte è scesa senza che me ne accorgessi. La luce arancione dei lampioni al sodio e il pallore effervescente della luna sono comparsi come conseguenza delle rispettive cause. A ogni piano qualcuno lavorava solitario, illuminato dalla lampada della propria postazione o della scrivania degli studi personali. Il mio ufficio, elegante e confortevole, stava in alto, vicino alle nuvole.
(da Sortita).

Tragedia e sarcasmo sono il codice emozionale preponderante. Succede anche in Ultima chiamata per gli odiati, un racconto nel quale un uomo viene licenziato dalla sua azienda che ne comprende il valore, e quel che è peggio, il ruolo, solo dopo averlo liquidato. Viene reintegrato ma da remoto, finendo con lo svolgere lo stesso lavoro ma con meno garanzie. Nonostante tutto, la lontananza dall’ufficio pare giovargli.  

Ad ogni modo, Michael era più contento di non lavorare in ufficio. Le poche persone che all’inizio gli erano sembrate riflettere una luce amichevole al lavoro si erano poi rivelate carta stagnola, non certo argento. La sua minuscola speranza di intrattenere rapporti amichevoli con i colleghi gli era stata restituita solo una volta. Era facile interpretare erroneamente quel genere di cosa come gentilezza.

(Ultima chiamata per gli odiati)

In ciascun racconto i personaggi attraversano un momento delicato: sono vittime ironiche delle amarezze della vita o artefici di situazioni che sta allo sguardo di chi legge interpretare o, meglio, tingere di tragico o di grottesco. Il buio e le luci accese sono le forze che governano l’esistenza, il quotidiano di ogni donna e di ogni uomo: la mente, ciò che ciascuno sceglie di tenere o di lasciare andare, marcano il confine, la differenza tra gli stati d’animo. Le short stories di Hayden non hanno nulla di distopico, sono piuttosto dei rebus con soluzioni molteplici a seconda di chi si mette in gioco e si cimenta nella lettura. La sua narrativa non è rilassante, fa a pezzi i luoghi comuni, a tratti può persino irritare perché sfugge, sguscia via dai tentativi di definizione. Comunque la si veda, è di certo qualcosa che vale la pena tenere d’occhio.

David-Hayden.jpg