L’INTERSEZIONE DI VIE, TEMPO, IDENTITÀ NEI RACCONTI DI ZADIE SMITH

Autore: Zadie Smith Editore: Mondadori Traduzione: Silvia Pareschi pp. 240 Euro 19,50

Autore: Zadie Smith
Editore: Mondadori
Traduzione: Silvia Pareschi
pp. 240 Euro 19,50

di Debora Lambruschini

Tutto è ispirazione letteraria. Per Zadie Smith, tra le scrittrici più iconiche della sua generazione, la capacità di osservare la realtà e darle forma letteraria, in vent’anni di scrittura si è tradotta in romanzi, saggi, ibridi e racconti, accomunati dallo sguardo lucido e attento di un’interlocutrice che trae spunto da ogni cosa la circondi, accostando tra loro elementi talvolta diametralmente opposti e che lei riesce in qualche modo a far dialogare. Vent’anni di carriera letteraria e insegnamento durante i quali si è messa più volte alla prova con la forma breve: suoi racconti sono apparsi sulle più prestigiose riviste internazionali, da The Paris Revies al New Yorker, e da cui ora, per la prima volta, è nata una raccolta di racconti, pubblicata in Italia da Mondadori ancora una volta nella puntuale traduzione di Silvia Pareschi, mantenendo il titolo originale, Grand Union. Diciannove testi, fra racconti e scritti vari, alcuni già apparsi su rivista e altri inediti, a comporre la prima raccolta organizzata dell’autrice londinese, cui era preceduta qualche anno fa la pubblicazione di un singolo racconto, L’ambasciata di Cambogia, sempre per Mondadori.
Grand Union, con tutte le sue potenzialità e debolezze, è Zadie Smith nella sua essenza: è la vivacità intellettuale che traspare da ogni pagina e mescola forme, tematiche e spunti, sperimenta e osserva le contraddizioni dell’uomo e della società in cui si muove. Ecco, il contemporaneo, ciò che fin da principio è sempre stato al centro della riflessione intellettuale di Smith, un presente conflittuale e problematico su cui concentrare lo sguardo nel tentativo di costruire l’identità dei personaggi. Identità e razza, conflitto di classe, relazioni e desiderio, maternità, luoghi e cultura, sono i poli intorno a cui ruota tutta la narrazione di Zadie Smith, ogni volta caricata di nuove sfumature o punti di vista inusuali. Grand Union è, di conseguenza, una raccolta ricca e variegata, per tematiche e forma, specchio di una società altrettanto eterogenea, contraddittoria, complessa. È l’ultimo libro da cui consiglierei di partire per avvicinarsi a questa scrittrice, ma è allo stesso tempo la sintesi ideale del suo stesso essere scrittrice e intellettuale, come lo era in certa misura – e con le dovute differenze date dal genere letterario scelto – Feel Free, la raccolta di saggi vari uscita lo scorso anno per Sur. Se nel romanzo, infatti, Zadie Smith domina la pagina con un microcosmo perfettamente ordinato di personaggi, trama, considerazioni e spunti con cui spingere il lettore a confrontarsi e domande a cui non è sua intenzione fornire risposte, ogni volta inquadrando perfettamente le urgenze del periodo in cui la storia prende vita, è nei suoi articoli e nei racconti che la vivacità intellettuale di questa scrittrice pare rivelarsi pienamente, libera da costrizioni formali. D’altra parte, è nell’essenza stessa della forma breve una maggior possibilità di sperimentazione – linguistica, tematica, strutturale – che al romanzo è concessa fino a un certo punto, intrappolato in una tradizione da cui è difficile affrancarsi davvero. Ecco, nei pensieri sparsi di Feel Free e nei racconti di Grand Union, la libertà di Zadie Smith di osservare, riflettere, interrogarsi, si esprime al suo meglio e con buona probabilità saranno proprio queste le sue opere che meglio reggeranno alla prova del tempo.
Il tempo, appunto, che è a mio avviso una delle chiavi di lettura più interessanti della raccolta in questione, con cui l’autrice si confronta da punti di vista differenti: è il tempo della narrazione, che talvolta si fa sfumato in racconti in cui gli appigli temporali sono scarsi e confusi, a sottolineare problematiche e motivi che trascendono il tempo e lo spazio; è il tempo del ricordo, di eventi passati osservati da una certa distanza e che assumono così nuove sfumature, significati, ma che si velano anche di una malinconia sottile per qualcosa di irrimediabilmente perduto; è il tempo storico di narrazioni che alternano racconti costruiti su un reale pienamente riconoscibile a forme distopiche e società apocalittiche; è il tempo che si comprime e si dilata, un attimo che sembra racchiudere una vita, una vita che scorre in un istante; è il tempo che scivola e sfugge, mentre ci si interroga sulle strade che non sono state percorse, sulle possibilità che restano, un po’ attoniti per quanta vita sia già dietro le spalle; è, infine, il tempo costruito e fissato nell’immagine virtuale che scegliamo di mostrare di noi stessi e delle nostre vite, il tempo della società contemporanea che rivela un egocentrismo ai massimi livelli, online quanto nel mondo reale, in cui sembriamo tutti sempre in scena, dove «non esiste il dietro le quinte, solo il palco».

Pensò alle varie indicazioni del tempo della sua vita, a come si erano svolte con quell’uomo sentimentale, come un brano musicale di cui loro stessi erano stati le note. Un trotto regolare all’inizio, rallentato moltissimo nel primo anno di matrimonio, quando aveva confessato a sé stessa la mancanza di attrazione fisica. Dopodiché tutto era diventato veloce – orribilmente, gioiosamente veloce, quasi inafferrabile – perché non c’era modo di rallentare i figli, né gli anni della sua vita che i figli avevano stretto nei loro pugnetti sudati. ( da Settimana intensa).

Ritornano in questi scritti, si diceva, molte delle tematiche care a Zadie Smith, a partire dalla riflessione su identità, questione razziale – su tutti, magnifico “Kelso decostruito”, che trae spunto da un terribile fatto di cronaca –  e famiglia , esplorate talvolta in modo convenzionale e caricate del pathos che ci si aspetta di fronte a storie di soprusi, discriminazione, violenza, altre– che, neanche a dirlo, sono gli esperimenti più interessanti – raccontate da punti di vista differenti, brevi frammenti che illuminano in maniera inaspettata una storia, pensieri che si liberano dal peso delle costrizioni per fluire privi di argini. Pensieri violenti, talvolta, che contrastano con scene di ordinaria tranquillità come nel finale del racconto d’apertura, “La dialettica”, o la cruda onestà con cui una donna pensa al suo ruolo di madre lontanissimo da quelle rappresentazioni di illuminate, sante, sempre amorevoli. Le madri e le figlie di Zadie si scontrano, non si comprendono, celano ostilità e un certo grado di insoddisfazione e accusa reciproca, sono madri di sangue o ne assumono il ruolo per qualche istante, sono custodi di tradizioni e luoghi remoti, sono fantasmi, sono donne che si osservano e si trovano inadeguate, confuse.

Possibile? Era davvero andata a letto con tre persone in dodici ore? Cosa non infliggiamo al nostro corpo, da giovani! E poiché non si può ricordare in avanti, avrebbe dovuto aspettare molto, molto tempo per trovare una debole eco futura di tali eccessi: allattare un figlio e poi, qualche ora dopo, sdraiarsi accanto a un altro figlio per farlo addormentare; poi svegliarsi in una terza stanza – tutto nel giro di una sola notte – e spingersi indietro contro l’amato per annullare la sua carne nella propria, e viceversa.
(da Educazione sentimentale).

Nel suo gioco di sperimentazione, Zadie Smith piega a suo piacere il racconto realista e la distopia, la satira, l’allegoria e la metafora, l’analisi sociale. Costruisce mondi dai confini labili, in cui l’ambiguità è della narrazione stessa sospesa fra narrativa e testi ibridi, una rete che avvince ma anche genera un certo grado di straniamento. Ci sono passaggi di perfezione narrativa e acute osservazioni sul presente e le sue contraddizioni, che si scontrano con racconti che scivolano via privi di slancio adeguato o confusi dal gioco di sperimentazione e libertà immaginifica. Ne scaturisce una raccolta imperfetta, ma che funziona, abbondante di forme e spunti, un vortice in cui è facile restare intrappolati e confondersi per poi trovare appiglio in brevi istanti di pura maestria narrativa, in un paio di pagine appena che compongono un racconto come il già citato “La dialettica”; è la conclusione di una “Settimana intensa” che nel finale devia da quanto fino a quel punto narrato e si illumina di profondità in quelle domande che restano senza risposta; o, ancora, nel brano che chiude “Educazione sentimentale”, il corpo, il tempo, il desiderio, la maternità, che si intrecciano a indagare il significato.

[…] la vita di una donna appare spesso dettata dal tempo: tempo biologico, tempo storico, tempo personale. Pensavo alla mia amica Sarah, la quale una volta scrisse che una madre è una sorta di orologio per il bambino, perché il tempo della vita del bambino viene misurato in relazione al tempo della madre. La madre è lo sfondo sul quale si svolge la vita del bambino. Forse è comprensibile che una creatura così oppressa dal tempo fatichi a consentire al piacere di annullare completamente il tempo. (da Per il re).

Zadie Smith è mescolanza di tradizioni, influenze letterarie che vanno da Forster a George Saunders, Vonnegut, Eggers, che si intrecciano all’osservazione del presente tra New York e Londra, a registrare le manie degli uomini e delle donne di oggi, le complesse dinamiche sociali e la difficile conciliazione con la propria identità, qualunque essa sia. È osservazione e domande, cui non mira a fornire risposte ma a porre gli interrogativi necessari. Poiché proprio questo, in fondo, è il ruolo dello scrittore.

 

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