Santi numi, due racconti di Jacopo Masini

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Exorma editore porta in libreria Santi numi è una raccolta di vite di santi ma immaginari: santi che vengono prelevati in qualche modo dalla tradizione apologetica dei profeti e riportati alla nostra epoca.
Dodici racconti lunghi e altri brevi fanno diventare santi e beati gente di paese, uomini e donne vissuti nella valle del Po non si sa se per davvero o per finta. Ma qualcuno possiede un sistema infallibile per separare il vero dal falso?

Cattedrale vi propone due estratti del libro, per gentile concessione dell’editore.


di Jacopo Masini


Fatti e miracoli della pianura
 

Non è forse un caso se nessuno ha mai raccontato prima le vite raccolte di seguito.
Si tratta, infatti, delle vite di donne e uomini che, secondo le cronache e i testimoni dell’epoca, giunsero a una loro speciale forma di beatitudine e persino di santità, quasi completamente misconosciuta e, in alcuni casi, del tutto priva di senso.
Ma, a parte tutte queste faccende preliminari, che nelle raccolte di vite ci sono sempre, qui si tratta appunto di isolare un certo numero di vite, un certo pezzo di terra che chiamiamo Pianura Padana, certi fatti notevoli che ciascuno interpreterà a modo proprio, e una speciale intenzione in cui non è facile discernere e separare il vero dal falso.
D’altra parte, qualcuno possiede un sistema infallibile per separare il vero dal falso? Non è forse, sempre, alla fine, una questione di fede? Credere o non credere a un racconto dipende dalla fede che prestiamo alla voce e all’autorevolezza di colui o di coloro che ce lo raccontano.
Dal momento che non avrete modo di sapere con certezza se colui o coloro che hanno raccontato le storie, i fatti e i miracoli raccolti di seguito fossero o meno attendibili, non vi rimane che fare una cosa: fidarvi.
Oppure, non fidarvi. Non importa. Fidarsi o non fidarsi sono la stessa cosa, di fronte al mistero insondabile di un certo numero di vite, di un certo pezzo di terra che chiamiamo Pianura Padana e di un certo numero di fatti notevoli che diventano veri nel momento in cui vengono letti. Veri in un particolare significato che possiamo attribuire alla parola verità: si realizzano nella nostra immaginazione, una volta che li abbiamo ascoltati o letti.
Non è andata sempre così, in fondo?
E dunque, non è forse un caso se nessuno ha mai raccontato prima le vite raccolte di seguito. Nessuno lo aveva fatto, perché prima che fossero raccontate non esistevano. Così come accade sempre, da migliaia di anni, con qualunque vita, reale o immaginaria.
Queste sono vite particolari, di un luogo particolare e non c’è altro da aggiungere. Se non che sono tutte vere e quindi tutte inventate.

 

 

San Wagner Lusuardi da Fabbrico

Una mattina di giugno del 1981, Iames Cavazzoni sentì un lamento provenire da un fosso, mentre era in bicicletta nella campagna di Fabbrico. Si fermò, posò la bicicletta accanto al fosso, si chinò, porse l’orecchio e il lamento si trasformò nel pianto di un bambino, così Iames Cavazzoni si avvicinò ancora di più per scoprire il punto preciso, ma in quell’istante dall’acqua del fosso scattò un enorme rospo che, con una sola boccata, gli inghiottì la testa.
Dopo un paio di minuti per la strada passarono Wagner Lusuardi col figlio Marcello a bordo di un trattore Landini e videro per prima cosa il culo per aria di Iames Cavazzoni che si dimenava, poi la schiena, poi l’enorme rospo che aveva inghiottito la testa di Iames.
Marcello Lusuardi gridò – Un drago – ma suo padre Wagner disse – Ma che drago, semo. Vedi mica che è un rospo? – poi scese dal trattore, staccò dalla fiancata una pala e andò verso l’anfibio, che lo fissava con gli occhi a palla molto intimorito, e gli piantò una palata sulla schiena che lo uccise sul colpo, per poi liberare la testa di Iames Cavazzoni, che era privo di sensi e pieno di bava nei capelli e in tutta la faccia.
Arrivò l’ambulanza, i Lusuardi tornarono in paese e al bar della Bice di piazza Roma, che in realtà era una via, ma a Fabbrico tutti la chiamavano piazza, si diffuse la voce che Wagner Lusuardi aveva ucciso un drago e salvato la vita di un certo Iames Cavazzoni, per via che Marcello aveva iniziato a dire:
– Mio padre ha ucciso un drago – anche se Wagner Lusuardi rispondeva – Era un rospo, semo.
– No, un drago!
– Ma che drago, semo. Hai mai visto un drago nei fossi?
Fatto sta che da allora il 3 giugno si festeggia la festa del secondo patrono di Fabbrico, che viene associato nell’iconografia a san Giorgio che uccide il drago a cavallo, ma in questo caso è san Wagner che uccide un drago molto simile a un rospo, brandendo una pala a bordo del suo trattore Landini.
Una immagine molto suggestiva, che il pittore Ioris Sberveglieri ha immortalato in un dipinto appeso nel bar della Bice.

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